sabato 7 dicembre 2019

SENSO DI COLPA

Il senso di colpa non nasce assieme all’uomo, anzi è l’uomo stesso che lo “inventa”, quando le società arcaiche iniziarono ad organizzarsi e a dotarsi di strumenti di
autogoverno, più o meno 9000 anni fa. La prima “classe dirigente” umana (spesso ad un tempo leader religiosi e politici) comprese ben presto la necessità di convogliare l’energia primordiale, animalesca dell’uomo verso una dimensione più evoluta, oggi diremmo più civile, dotata di senso etico e con la capacità di sfruttare la dimensione mentale/razionale, così sviluppata nell’homo sapiens. Così vennero via via stabiliti codici morali di comportamento collettivo e venne edificato un sistema di valori e credenze che lo appoggiasse, con cui la comunità potesse identificarsi e riconoscersi, al di là dell’esistenza di sanzioni per i trasgressori. Si, perché il senso di colpa vive a prescindere dal pericolo di incorrere in una punizione: una volta appreso, si riforma in noi “spontaneamente” ogni volta che veniamo meno agli “obblighi” che sappiamo di avere nei confronti della società (che appunto sancisce quegli obblighi) e delle persone con cui viviamo.

Senso di colpa, un’arma a doppio taglio

Nessuno dubita del fatto che i codici, le leggi, le regole e i divieti che le società hanno costruito nei secoli abbiano contribuito al progresso sociale e spirituale dell’uomo. Vietare l’omicidio, la rapina, lo stupro ha posto un freno alla bestialità presente nell’homo sapiens, consentendo al cervello e alla coscienza di svilupparsi compiutamente. 

Quindi il senso di colpa, che esiste soltanto in un sistema di regole condivise, è stato certamente utile. Tuttavia, trattandosi di un’emozione appresa, può diventare un vincolo troppo stretto, cui occorre prestare attenzione. Oggi il trionfo del pensiero scientifico ha contribuito a rendere ipertrofica la nostra razionalità e di conseguenza anche i suoi “figli”, tra i quali il senso di colpa: se è cresciuto a dismisura, è tempo di ridimensionarlo.

Quando il senso di colpa incontra il sacro

Tutti conosciamo il racconto biblico del serpente, della mela proibita e della cacciata di Adamo ed Eva dal paradiso terrestre: la nostra Tradizione vi colloca la nascita del peccato (il peccato originale), quindi della colpa e conseguentemente del senso di colpa. Ma verso chi? Verso Dio, Padre onnipotente, che ci ha generati, a cui “dobbiamo” la nostra esistenza. Il senso di colpa occidentale (la Bibbia è il testo sacro comune delle tre grandi religioni monoteiste) poggia sul misfatto supremo: aver tradito le regole del Generatore, aver sfidato chi per definizione non è sfidabile. 
La punizione –come ben sappiamo- sarà adeguata; tuttavia la perdita dei “privilegi divini” può essere anche vista come un fatto positivo: la cacciata segna l’inizio dell’era della responsabilità, del lavoro, l’età adulta dell’uomo, che perde il paradiso (età dell’oro, utero materno….) ma guadagna tutta la terra.

Religione e senso di colpa: un legame universale

Ad onta di ogni fraintendimento, non esiste sistema religioso che non preveda divieti, e quindi colpe da espiare: vale anche per i culti orientali che spesso sembrano più liberali. Non tutti però si fondano sulla “sfida a Dio” e sulla conseguente punizione: tradire la sincerità del cuore, e allontanarsi da se stessi sono le colpe più gravi per i due sistemi filosofico-religiosi dell’antica Cina, confucianesimo e taoismo. Lo spergiuro è la macchia più infamante per l’indù, mentre la mancata venerazione dei fenomeni naturali è il peccato dello Shintoista. Tutti, in ogni caso, possono espiare: nessuna colpa può allontanarci definitivamente dalla divinità.

Senso di colpa: le conseguenze

Quando il senso di colpa è radicato in noi, quando sottoponiamo automaticamente al nostro giudizio ogni azione o pensiero, la salute è a rischio. Il senso di colpa non viaggia da solo, ma è sempre accompagnato da sentimenti di bassezza morale, inadeguatezza, incapacità. Il tono dell’umore scivola verso il basso, e così le nostre difese immunitarie. Tutto il corpo risente del circolo vizioso “azione-colpa-bisogno di autopunizione/espiazione”. Se la percezione dei “nostri peccati” è esplicita, potremo andare incontro a disagi di natura psichica; quando non ne siamo consapevoli il senso di colpa si scarica sul corpo.
Depressione
Una colpa che genera rimorso può innescare la spirale depressiva: non ci si sente solo colpevoli, ma anche indegni, falliti. Il tribunale che noi stessi ci siamo costruiti addosso è il più severo; più ci convinciamo di essere capaci di produrre soltanto tristezza più quest’ultima crescerà dentro di noi.
Ansia
Il tema del giudizio è centrale per la “buona salute” del nostro senso di colpa. L’angoscia che proviamo ci restituisce un’immagine di inadeguatezza. Diventiamo ansiosi perché non ci fidiamo più di noi stessi, sicuri di essere incapaci.
Colite
Questa sindrome ha la funzione simbolica di lavacro: si pulisce il corpo attraverso l’espulsione del materiale indesiderabile. Questa purificazione “dal basso” ha lo scopo di liberarci anche dei contenuti malsani della coscienza: appunto le nostre colpe.
Cefalea “da riposo”
Esiste un mal di testa tipico delle persone eccessivamente coscienziose, ossessive nei confronti dei doveri, degli impegni. Non è un dolore cronico: si manifesta ad esempio nel fine settimana, quando si potrebbe riposare. L’impossibilità a concedersi momenti di stacco senza provare rimorso fa esplodere la cefalea.
Diarrea
A volte il senso di colpa può agganciarsi ad un’emozione primaria, come la paura: abbiamo fatto qualcosa di sbagliato, temiamo di essere scoperti, la tensione provoca le scariche. In realtà stiamo male perché qualcuno ci ha smascherato fin da subito: noi stessi…

Quando sono gli altri a seminarlo in noi

Abbiamo visto come, nella maggior parte dei casi siamo noi a creare e a nutrire il nostro senso di colpa. Ma non è sempre così: esistono situazioni in cui altre persone lo alimentano. Chi lo fa più spesso?
  • La mamma quando non riesce a far mangiare suo figlio: “sapessi quanti bambini muoiono di fame…”
  • Il collega di lavoro che vuole liberarsi delle sue incombenze: “…e pensare che quando avevi bisogno tu io mi sono fatto in quattro.”
  • Il partner che non accetta le nostre libertà: “vai pure con i tuoi amici a giocare a calcetto…io rimarrò qui da sola come al solito, ma non preoccuparti…”

Come accorgersene? Osservando con scrupolo le nostre emozioni

Esiste una differenza sostanziale fra il senso di colpa appreso ma fatto proprio e quello provocato: il primo genera angoscia, mentre nel secondo caso si produce principalmente rabbia, che possiamo non riconoscere e rivolgere quindi contro noi stessi, come nel caso dell’ipertensione.

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