giovedì 21 gennaio 2016

Capossela ci guida nel suo paese dei Coppoloni

Esiste il paese dei coppoloni? Da qualche parte deve essere, dato che a partire dal titolo, in questo film - documentario ci stiamo andando.Siccome sono nato in Germania, e da piccolo me ne vantavo (mi pareva un tocco di esotismo che
poteva battere solo il nipote della maestra, che era nato però in Australia, era alto, biondo e veniva sempre eletto capoclasse) allora userò una parola, che anche se non so il tedesco, mi pare adatta a definire una sensazione, più che un luogo. Una parola che in italiano non ho ancora trovato, ed è Heimat.

Si potrebbe forse tradurre con patria, ma è proprio un concetto differente. Per quello in tedesco hanno la parola Vaterland per definire un concetto forte, che è stato alla base di molte ideologie fondate sull'identità e sul nazionalismo e poi degenerato in mali peggiori. Invece Heimat è femminile. E' materno. Per come lo comprendo io è il luogo, o ancora più il sentimento, in cui ci si sente "a casa". Ma è una casa da cui ci si è separati, ed è dunque perduta. Il concetto, spaziale, tende a spostarsi sul piano temporale. Diviene il "paesaggio e il mondo perduto dell'infanzia".

Io aggiungo di più, alla mia Heimat. Non è la mia infanzia, ma quella del mondo. Questa infanzia alberga nel mito, quindi nel racconto meraviglioso, l'unico luogo che può comprenderla.


Rispetto al tempo siamo tutti emigranti. Tutti emigriamo dall'infanzia, poi dalla giovinezza, poi dalla vita stessa. Solo il ricordo e il racconto hanno la forza di far sopravvivere in noi il mondo che continuamente andiamo perdendo, con l'esperienza della vita. Forse il mito, il racconto, sono quel giardino biblico in cui il "Patreterno" aveva collocato l'Uomo. Giardino che l'uomo (homo, humus, terra) ha perduto in nome della conoscenza. C'è un modo di recuperarlo? Il mio modo è albergare, vivere, anche da viandante, nel racconto. Nella lingua che parla il racconto. Dunque, per me il Paese dei Coppoloni c'è ed è nella lingua di questo racconto. Non si tratta di un libro di ricordi d'infanzia. Quello che trovo interessante di questa lingua, che in parte, ma solo in piccola parte, è anche la mia, perché non sono luoghi nei quali sono realmente cresciuto, è che può raccontare un'infanzia che ci comprende tutti. Un mondo di Verità, di cui la realtà contingente è solo la chiave di accesso, il simbolo. Non è nemmeno un luogo esoterico, è solo un mondo in cui Scienza e Storia non hanno del tutto acceso la luce, spogliandolo. Un mondo in cui vento, cielo, terra e animali non sono del tutto separati dall'uomo. Un mondo che abbiamo perduto tutti, il mondo della terra madre, della Heimat, appunto.


Questa operazione naturalmente ha qualche possibilità di riuscire nella pagina scritta, o nella canzone. Andarci ad accendere una videocamera sopra è di per sé una contraddizione. Ciò non di meno è stato fatto. È giusto provare a dire due parole su un lavoro, che, nato come strumento per accompagnare l'uscita di un'opera (una specie di lunga intervista ambientata nei luoghi e nei volti del libro) è diventato opera a sé. A mio parere questo lavoro documenta e racconta in immagini, grazie all'attenta regia di Stefano Obino e della sua troupe, il tentativo che un soggetto fa (un autore, un cercatore, un viandante, un cantore, non saprei definirmi) per cercare di rimodulare un territorio reale, nella Verità immaginifica del racconto abitabile. Un mondo che ho cercato di mantenere al riparo, di ascoltare, fatto di minuscole storie, piccole vibrazioni di pennino sul grande sismografo della Storia.

Un mondo che si esprime anche in paesaggi, luoghi, animali, volti e voci. Queste voci, oltre che narrare, cantano. Sono molti anni che provo a mettergli un po' di sale sulla coda a questi canti. Transumarli dalla forma del sonetto a quella della canzone. O scriverne da capo partendo da questo smisurato giacimento. Ora sono diventate canzoni, le "Canzoni della Cupa", e il loro primo guaito al mondo è quello che accompagna le immagini di questo film. Spero possano mordere presto.

Nessun commento:

Posta un commento