domenica 6 agosto 2017

Alaska a rischio tsunami

Un gruppo di ricercatori che ha mappato i fondali marini al largo dell’Alaska: il lavoro ha messo in luce importanti elementi che suggeriscono che, in caso di terremoto, si potrebbe scatenare un violentissimo tsunami sulle coste
dell’Alaska. L'onda potrebbe essere simile - se non superiore - a quella che colpì il Giappone nel 2011 e che uccise ventimila persone e mise fuori uso 3 reattori nucleari.

Per la ricerca, pubblicata su Nature Geoscience, è stato messo in campo un nuovo approccio, importante perché strutture simili a quelle messe in luce nella regione americana possono esserci anche in altre parti del pianeta.

Il piano di subduzione della placca oceanica (a sud), sotto a quella americana (a nord).
COME NASCE L'ONDA. Gli tsunami si formano quando placche della crosta terrestre scivolano al di sotto di altre placche in un processo chiamato subduzione. In alcuni casi le placche possono rimanere bloccate per decenni, o addirittura secoli, periodi durante i quali le tensioni crescono enormemente fin quando si ha un improvviso scivolamento e conseguentemente un terremoto.

Quando ciò succede, l'energia del sisma trasferisce un movimento sussultorio all'acqua sovrastante, che produce un'onda di superficie: quando l'onda arriva in prossimità della costa, origina il vero e proprio tsunami.

GIAPPONE E ALASKA. Il terremoto del Giappone avvenne lungo una zona di subduzione in continuo movimento, perciò non ci si aspettava uno tsunami così violento. Ma le analisi successive rivelarono che tra la zona di subduzione e la terraferma c'era un'altra importante frattura, quella che i geologi chiamano faglia (vedi figura qui sotto, che rispecchia le condizioni esistenti di fronte al Giappone e all’Alaska).

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