Come i geologi usano le onde sismiche per studiare la struttura e l'interno della Terra, così gli astronomi che studiano il Sole hanno analizzato le onde di gravità (non gravitazionali) per studiare l'interno del Sole, dove avviene la fusione. A differenza della Terra, però, l'interno del Sole è
straordinariamente dinamico, in costante movimento, e i suoi moti convettivi creano onde di pressione nel nostro astro.
Le onde p sono però troppo superficiali per portare informazioni del nucleo. Al contrario, le onde g (di gravità), che sono indicatori della velocità del cuore del sole, non arrivano in superficie.
MISTERO RISOLTO.L'esistenza delle onde g è stata finora solo un'ipotesi: «Abbiamo cercato le onde 'g' nel Sole per oltre 40 anni», ammette Eric Fossat, astronomo del Cnrs francese: «molte ricerche avevano restituito degli indizi, ma nulla che potesse essere considerato definitivo. Ora abbiamo scoperto come rilevare senza ambiguità la loro impronta».
Eric Fossat e colleghi hanno analizzato 16 anni di dati registrati dall'osservatorio solare SOHO (il Solar and Heliospheric Observatory, un satellite realizzato da Esa e Nasa, lanciato nel 1995) e dalle onde p hanno ricavato la sottotraccia delle onde g, con le quali hanno stimato il periodo di rotazione del nucleo del Sole: una settimana.

La fusione nucleare è un processo naturale nel Sole e nelle stelle. Nel nostro astro avviene a temperature di circa 10 milioni di gradi, molto più basse di quelle previste per ITER (il reattore a fusione in costruzione in Francia), ma a pressioni straordinariemente elevate e impossibili da replicare sulla Terra, dove devono appunto essere compensate da milioni di gradi centigradi in più.
FORMATO, NON FERMATO.Per paragone, la superficie solare impiega fra i 25 (all'equatore) e i 35 (ai poli) giorni per compiere un giro su se stessa. Qual è la causa della rotazione così veloce del nucleo? La domanda è per adesso senza risposta, ma «è probabile che quella fosse la velocità di rotazione al tempo in cui il Sole si è formato, circa 4,6 miliardi di anni fa», commenta un altro autore dello studio, l'astronomo Roger Ulrich, della University of California.
La stella più vicina a noi ha insomma ancora molti misteri da svelare. Oltre a SOHO, il Sole è tenuto d'occhio anche dal Fermi Gamma-ray Space Telescope, un telescopio spaziale in grado di vedere i brillamenti solari sul lato opposto a noi, e dal Solar Dynamics Observatory. Nel 2018 sarà la volta del Solar Probe Plus, una sonda che si avvicinerà al Sole come non è mai stato fatto, fino a 6 milioni di chilometri.


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