La gravità è un’illusione. La materia oscura non esiste. E l’universo funziona come un ologramma. A queste radicali conclusioni è giunto, dopo uno studio di sei anni, Erik Peter Verlinde, fisico teorico all’Università di Amsterdam, le cui idee
sulla gravità sono radicalmente diverse da quelle accettate, che si rifanno a Newton e Einstein.
Affermazioni azzardate? Provocazioni? Non la pensa così l’European Research Council, la più importante istituzione dell’Unione Europea nel campo della scienza, che ha finanziato la ricerca con oltre 2 milioni di euro. E dall’astronomia arrivano i primi risultati a favore di Verlinde. C’è già chi lo acclama come l’Einstein dei nostri giorni.
Focus gli ha chiesto di spiegare la sua rivoluzionaria interpretazione dell’universo.
CAUSA O EFFETTO. «La mia è una nuova teoria della gravità», racconta il fisico olandese. «Per Isaac Newton era la forza con cui due corpi dotati di massa, per esempio la Terra e la Luna, si attraggono reciprocamente. Invece la relatività generale di Albert Einstein descrive la gravità grazie alla geometria: una massa deforma lo spazio-tempo nelle sue vicinanze e quindi, per esempio, la Luna orbita attorno alla Terra perché si muove lungo questa curvatura». Un po’ come una biglia segue la pista disegnata sulla sabbia.
Le due differenti visioni sono accomunate dal fatto che considerano la gravità una forza fondamentale. Invece Verlinde ritiene che la gravità sia… un’illusione. Attenzione, questo non vuol dire che non sia reale, altrimenti la proverbiale mela non ci cadrebbe in testa! Però non sarebbe più la causa dei movimenti di stelle e pianeti, bensì un effetto: «Pensiamo alla temperatura. Ritenuta per tanto tempo una grandezza fondamentale, si è poi compreso che deriva dai movimenti di ciascuna della miriade di atomi e molecole che ci compongono». Ma toccando una teiera piena di acqua bollente avvertiamo il calore del recipiente (e magari ci scottiamo), senza percepire i moti delle singole particelle. Allo stesso modo, secondo Verlinde, la gravità è il prodotto di processi microscopici.
INFORMAZIONE. Che cosa c’è sotto, allora? La risposta si nasconde in uno dei concetti più all’avanguardia della fisica contemporanea: i bit quantistici. Per capire di che cosa si tratta bisogna partire dai “bit”, cioè quelle sequenze di 0 e 1 che sono l’unità base dell’informazione per computer e telecomunicazioni (infatti la velocità della nostra connessione internet si misura in bit al secondo). Le particelle elementari seguono le regole della meccanica quantistica, che per esempio consentono loro di essere contemporaneamente in luoghi e stati diversi (una sorta di “ubiquità”, v. Focus n° 293). Quindi anche le loro caratteristiche devono essere espresse in termini di bit quantistici, o qubit, con i quali si possono svolgere operazioni inaccessibili con i bit classici (v. Focus 295).
Verlinde ha sviluppato una complessa trattazione matematica per analizzare la trasmissione dei qubit a livello microscopico. «Le informazioni associate alla materia e alla sua posizione si influenzano a vicenda», spiega. «Alla nostra scala umana non percepiamo il flusso di informazioni, che cambia istante per istante, ma solo il risultato, cioè materia che muta posizione nel tempo. Ecco come emerge la gravità». Questa visione porta con sé un’altra bizzarria: il cosmo può essere descritto come un enorme ologramma, cioè una rappresentazione in due dimensioni di un oggetto 3D. Verlinde, infatti, esprime l’universo e le relazioni tra le particelle che lo compongono in termini di qubit disposti su un piano: in pratica, è come dire che il cosmo può essere trascritto in un enorme foglio.
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