Diecimila anni fa i nostri antenati erano già in grado di conservare le eccedenze di cibo. E, in assenza di frigoriferi, si servivano di una tecnica che, ora si può dire, è antichissima: la salatura. In altre parole, si erano accorti che il sale
agiva sui cibi disidratando l’alimento e impedendo ai microrganismi di utilizzare l’acqua di cui avevano bisogno per vivere. Evitavano dunque che il cibo marcisse.
Lo conferma uno studio pubblicato sul Journal of Archaeological Science che ha analizzato dei resti di pesce rinvenuti nel sito preistorico di Al Khiday (Sudan Centrale): gli avanzi erano conservati sotto sale, dentro un recipiente di ceramica.
IL SURPLUS DI CIBO. Gli studiosi sapevano che in passato la pratica della salatura era praticata. Non immaginavano però che fosse conosciutà già 10.000 anni fa: i reperti di Al Khiday sono i più antichi al momento.
«La scoperta ha una grande rilevanza», ha detto Lara Maritan, ricercatrice dell'Università di Padova che ha coordinato gli studi. «Oltre ad attestare la più antica testimonianza di uso del sale per la conservazione del cibo, dal punto di vista antropologico suggerisce altre cose: la possibilità di conservare il cibo per un certo tempo potrebbe aver favorito il passaggio da una vita nomade ad una più stanziale. E potrebbe aver avuto riflessi sull’organizzazione sociale, favorendo ad esempio l’insorgere di forme di disuguaglianza e la crescita demografica».


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