sabato 28 aprile 2018

CINEMA - Avengers Infinity War: recensione

C’era una volta un team di supereroi
Questi difensori dell’umanità avevano salvato New York da un attacco alieno e impedito a un androide senziente di distruggere il pianeta. Gli effetti collaterali avevano
però generato dissapori interni tra i membri che si erano divisi in due fazioni, per darsi battaglia tra loro all’aeroporto di Lipsia. E per poco Stark e Rogers non si ammazzavano a vicenda.
Con questo stato di salute di un team che non c’è più, quale percentuale di vittoria potrà esserci di fronte alla peggiore minaccia che l’umanità e l’universo abbiano mai conosciuto? Una percentuale bassa, molto più bassa di quanto pensiate.

L’universo è in via di esaurimento
Altri mondi, altre specie, altre colonie abitano pianeti distanti dal nostro. L’universo è infinito, ma le sue risorse non lo sono e prima o poi andranno in via di esaurimento. Così dice Thanos il quale, per quanto riguarda il dilemma della sovrappopolazione, avrebbe un’idea efficace.
Quando il Dr. Strange gli fa notare che procedere a colpi di genocidio non è moralmente etico, lui non si scosta di un millimetro dalla sua filosofia. Thanosopera nel giusto, è l’unico a prendere seriamente atto della faccenda e ad intervenire con drastici e necessari metodi.
Dove sono gli Avengers?
Si sono sciolti, come una band. I superpoteri li hanno uniti, i difetti umani li hanno separati. È troppo tardi per ricucire gli strappi, il nemico e i suoi sudditi hanno già un piede sulla Terra. Il mancato gioco di squadra è allo stesso tempo un assist per gli sceneggiatori, caldeggiati nel creare scintille tra personaggi che non si erano mai incontrati. Guadagniamo così sagaci scambi tra quei due egomaniaci di Stark e Strange costretti a collaborare e tra due bellimbusti come Star-Lord e Thor al test di virilità. Chi non si è sciolto invece ottiene maggiore presenza scenica, cosa che accade ai Guardiani della Galassia.
Che fine ha fatto il Cap? Sempre in autoesilio con Vedova e Falcon a dar man forte dove serve, per esempio a Wakanda o in Scozia dove Scarlet Witch e Visione cercano invano un po’ di privacy. La privacy è anche la priorità numero uno di Hulk, nonostante Bruce Banner sia contrario. Sembra una contraddizione, eppure non lo è.
L’onnipotente e onniscente Thanos
Avete fede? Buon per voi, dovrete soltanto convertirvi. Non avete fede? Sarete illuminati. C’è un nuovo Dio nell’universo e il suo nome è Thanos, il più titanico, il più temuto, il più malvagio essere mai esistito. Per raggiungere l’onnipotenza e l’onniscienza e decidere in piena autarchia, con uno schiocco di dita, il destino del cosmo intero, deve trovare le sei Gemme dell’Infinito e incastonarle in quel poderoso guanto che indossa alla mano sinistra.
Thanos, che finora avevamo intravisto nelle sequenze dei titoli di coda, è vero il protagonista di Avengers: Infinity WarLo spostamento dell’asse del punto di vista è la mossa dei creativi della Marvel che rende il film diverso sul piano narrativo, rispetto a tutti i precedenti. Il viaggio itinerante che compie per recuperare le Gemme è inaspettatamente anche un percorso introspettivo, rivela una personalità contorta e distorta, affascinante perché non sembra infallibile e cova un sentimento che potrebbe un giorno essergli fatale.
#TeamMarvel
In Avengers: Infinity War ci sono diciannove personaggi protagonisti, più un albero adolescente e un procione. Sono lontani i tempi in cui ci si chiedeva come avrebbe fatto Joss Whedon a gestire sei supereroi in quell’ormai filmetto che è The Avengers. La cosa più stupefacente della Marvel, in dieci anni e diciannove film prodotti, è il lavoro di squadra che anche in Infinity War porta i suoi frutti. È intrattenimento cinematografico al suo massimo in cui convergono gli interessi commerciali di quello che è un brand riconosciuto a livello mondiale e il talento artistico di chi sta davanti e dietro lo schermo. Pur rispondendo alla supervisione del supremo Kevin Feige, pur essendo solo un pezzo di un grande mosaico, ogni film ha un’identità a sé e qui, nel film di Joe e Anthony Russo, le vediamo quasi tutte aggrapparsi l’una all’altra, tra le sempre spettacolari battaglie terrestri o extra-terrestri e la leggerezza di spirito che smussa gli spigoli drammatici.
Il grande senso di appagamento però risiede nell’azzardo che la Marvel si gioca con il finale del film perché, se arriva a osare tanto, gli assi nella manica per il sequel di Infinity War saranno ancora più sorprendenti. Ci sarebbe da scommettere che la manica è quella del Dr. Strange.

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