venerdì 27 aprile 2018

La storia della Corea (del Nord e del Sud)


La Corea del Nord e quella del Sud hanno riaperto il dialogo dopo decenni di stato di guerra. Ma che cosa c’è dietro a queste divisioni? E che cos’era la Corea prima
di essere smembrata, dopo la Seconda guerra mondiale, in un Nord isolato e povero e in un Sud ricco e all’avanguardia?

«Il comune uomo della strada pensa alla Cina e gli vengono in mente le porcellane, la Grande Muraglia e il kung-fu, pensa al Giappone e gli vengono in mente le geishe, i samurai e la cerimonia del tè, pensa alla Corea e non gli viene in mente assolutamente nulla se non, forse, il ricordo confuso di un lontano conflitto e di una divisione»: così Maurizio Riotto nella sua Storia della Corea (Bompiani) inquadra l’ignoranza che circonda il Paese.

UN MURO DA GUERRA FREDDA. Cominciamo, dunque, proprio da quando fu innalzato il simbolico muro che creò le due Coree. Era il 1945: la Seconda guerra mondiale era appena terminata e il Giappone – che dal 1910 aveva annesso la Corea – ne era uscito sconfitto.

La Corea fu divisa in due aree di occupazione, russa e americana, all’altezza del 38° parallelo. Una commissione bilaterale avrebbe dovuto costituire un governo provvisorio per la riunificazione della penisola; governo che non si fece mai. Le elezioni si tennero nella sola Corea del Sud, sotto la supervisione dell’Onu: il 12 dicembre 1948, nel Sud, Syngman Rhee divenne presidente della Repubblica di Corea. Contemporaneamente al Nord sorse la Repubblica Democratica Popolare di Corea, retta da un governo comunista presieduto da Kim Il-sung.
TRE ANNI DI GUERRA SENZA ESITO. Entrambi i regimi si sentirono legittimati a promuovere la riunificazione. Ne scaturì una guerra durissima tra il Nord (appoggiato da russi e cinesi) e il Sud (difeso dagli americani sotto l’egida dell’Onu). Un fronte caldissimo in piena Guerra fredda.

Dopo alcune scaramucce lungo il confine, il 25 giugno 1950 cinque divisioni dell’esercito del Nord, organizzato e rifornito dall’Urss, oltrepassarono la frontiera. L’esercito sud-coreano, mal addestrato ed equipaggiato, venne rapidamente sconfitto e la stessa capitale Seoul fu occupata dai nord-coreani.

Gli Stati Uniti videro in questa prova di forza l’espressione della volontà sovietica di espandersi in tutto il Sudest asiatico. Su mandato dell’Onu, a cui la Corea del Sud era subito ricorsa, a luglio sbarcarono sulla penisola i primi contingenti della forza multinazionale (formata in gran parte da americani) guidata dal generale Douglas MacArthur.

L’operazione era stata approvata durante l’assenza dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del rappresentate sovietico, che aveva abbandonato la seduta per protesta contro l’assegnazione del seggio permanente cinese nel Consiglio stesso al governo di Taiwan anziché alla Repubblica popolare di Mao.
Corea, agosto 1950: una colonna di soldati americani incrocia alcuni sfollati in fuga.
TUTTI IN CAMPO. L’esercito guidato dagli statunitensi si mosse verso nord in settembre, sbarcando a Incheon, direttamente dietro le linee nord-coreane. In poco tempo le truppe occidentali respinsero l’invasore, tagliandogli i rifornimenti e risalendo velocemente verso il confine. Giunto lì, MacArthur decise di invadere a sua volta lo Stato del Nord, superando il 38° parallelo.

A novembre le truppe si erano spinte, per volontà del generale e contro le disposizioni dello stesso governo americano, fino a pochi chilometri dal confine con la Cina. Fu allora che anche il Paese di Mao intervenne nel conflitto: oltre 100 mila uomini furono inviati in Corea e, con il loro appoggio, il Nord oltrepassò di nuovo la frontiera con il Sud.

MINACCIA ATOMICA. A questo punto il presidente americano Harry Truman decise di discostarsi dalle scelte del generale MacArthur, che aveva più volte preso in considerazione (e minacciato) il ricorso all’arma atomica. Dopo aver sostituito il militare, nell’aprile del 1951, con il comandante Matthew Ridgway, Truman aprì finalmente le trattative con la Corea del Nord, spinto anche dalla sempre più forte pressione internazionale e dell’opinione pubblica per una soluzione pacifica della crisi. La guerra tra i due Stati confinanti era infatti già costata 3 milioni di morti, tra militari e – soprattutto – civili.

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