sabato 26 maggio 2018

Facebook: troppa privacy non fa bene alla scienza

E se la rinnovata attenzione alla privacy da parte di Facebook non fosse un bene per tutti? Per esempio: che ne sarà della possibilità di istituzioni scientifiche di usare il social network per
condurre ricerche sociali su larga scala? Dopo il caso Cambridge Analytica questa possibilità sembra definitivamente sfumata. E questo comporta, ancora una volta, non pochi problemi etici.

LA API SOCIAL. Facebook ha recentemente annunciato restrizioni di accesso ai dati degli utenti da parte di terzi: un blocco che sulla carta servirà a proteggere le nostre informazioni, in risposta alla protesta pubblica seguita allo scandalo di Cambridge Analytica. Tecnicamente, il social network ha in pratica ristretto gli accessi alle sue API (Application Programming Interface), usate dai programmatori di app e videogiochi per accedere ai suoi big data.

Ma anche molti ricercatori universitari fino a oggi avevano usato lo stesso sistema per studiare il comportamento delle persone (online). Facebook infatti è imprescindibile per gli studiosi di scienze sociali e statistiche, visto che ha una base utenti di ben 2,13 miliardi di persone. Ma le ultime decisioni di Zuckerberg da ora in avanti renderanno praticamente impossibile effettuare ricerche sociali su Facebook attraverso i software usati dalla ricerca accademica su Facebook (tra cui netvizz, NodeXL, SocialMediaLab, fb_scrape_public e Rfacebook) tutti basati sulle API di Facebook per raccogliere dati.

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