sabato 11 giugno 2016

Grillo alla fine mangerà Salvini. Ecco perché

A Torino l’indimenticabile Mario Borghezio s’è lanciato pancia a terra a far campagna elettorale per Chiara Appendino. Il segretario leghista della Romagna Jacopo Morrone ha dichiarato che «l’opportunità del cambiamento è reale, un sostegno al candidato M5s è un ragionamento che stiamo
facendo». A Roma Salvini ha più volte fatto capire la sua simpatia per Virginia Raggi. E Carlo Sibilia, membro del Direttorio grillino, da Milano ricambia il favore: «Nella cabina elettorale ognuno fa le sue valutazioni, ma è chiaro che il progetto di Sala non convince».
La corsa leghista a salire sul carro – vincente? –del Movimento 5 stelle è il fatto politico del momento, non soltanto perché complica ulteriormente la situazione interna al centrodestra (dove una larga parte di elettorato non ha alcuna simpatia grillina), ma anche perché somiglia ad una prova generale di ciò che potrebbe accadere quando saremo chiamati a votare con l’Italicum. L’innamoramento grillino di Salvini, tuttavia, non dovrebbe inquietare soltanto lo staff della Casaleggio Associati srl, che si ritrova tra i piedi un supporter non particolarmente coerente con la pretesa purezza rivoluzionaria, ma anche lo stesso gruppo dirigente della Lega e, più in generale, chi ha a cuore le sorti politiche del centrodestra.
Intendiamoci: la volontà di fare un dispetto al Pd e dare un colpo a Renzi – è questa, molto banalmente, la motivazione con cui Salvini ha di fatto invitato i suoi elettori a scegliere al ballottaggio i candidati grillini là dove non c’è un candidato del centrodestra – è perfettamente legittima in un partito di opposizione; ed è altrettanto legittimo che un altro partito –in questo caso il M5s –sia disposto ad accettare appoggi da chiunque: i voti, come i soldi, non puzzano. Ma c’è una differenza: il M5s non sta chiedendo nulla, almeno ufficialmente, mentre la Lega offre molto.
E questo potrebbe essere un errore strategico. Facciamo un passo indietro. I risultati del Carroccio quest’anno non sono stati entusiasmanti, soprattutto se pensiamo alla straordinaria offensiva mediatica scatenata in questi anni da Salvini. A Milano la Lega si ferma all’11,7% (la metà dei voti di Forza Italia), ma anche nel resto della Lombardia, dove un tempo le percentuali sfioravano il 30%, il bottino è stato magro: 18% a Busto Arsizio, appena 16,5% a Varese, 10,5% a Rho 10,5%. In Veneto è andata anche peggio: 10,6% a Chioggia, 8,8% ad Adria. A Torino non va oltre il 5,8%. E persino a Bologna, dove è al ballottaggio, la Lega deve accontentarsi del 10,2%, che sale a Rimini al 12,4% e a Ravenna al 14,8%.
A sud del Rubicone si registra invece il fallimento dell’operazione “Noi con Salvini”: i risultati sono minimi e a Roma, nonostante la performance di Giorgia Meloni, il Carroccio è inchiodato al 2,7 %. Insomma: non soltanto non c’è stato nessuno sfondamento leghista, e il partito resta rigorosamente prigioniero del Norditalia, ma anche nelle tradizionali roccaforti i consensi tendono a diminuire anche sensibilmente.
La scommessa lepenista, antieuropea, nazionalista e anti-Casta di Salvini è stata dunque perduta? Più semplicemente, quell’offerta politica è già ampiamente coperta dal M5s: il “vaffa”è più potente della ruspa e, soprattutto, è arrivato prima. Qualcosa del genere, del resto, è successo alla cosiddetta sinistra radicale: i delusi dal Pd l’hanno semplicemente ignorata per convergere sul M5s. Ma se così stanno le cose, l’endorsement leghista a Grillo può diventare molto rischioso per Salvini, il pesce piccolo nel mare dell’antipolitica: la prossima volta i suoi (non moltissimi) elettori potrebbero scegliere il M5s già al primo turno, senza aspettare il secondo.

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