L'assenza di una specie di batterio intestinale causa, nei topi, disturbi comportamentali che ricordano i sintomi dell'autismo. La reintroduzione di questo microbo attraverso la dieta sembra curare queste forme di sociofobia, come rivela uno studio pubblicato su Cell.
L'ISPIRAZIONE. Mauro Costa-Mattioli, neuroscienziato del Baylor College of Medicine di Houston, Texas, è partito da alcuni studi che evidenziano un legame, nell'uomo, tra obesità materna e comparsa di disturbi del neurosviluppo nei nascituri. Poiché alcune persone con autismo lamentano problemi gastrointestinali, e sempre più studi dimostrano un legame tra flora batterica intestinale e cervello, Costa-Mattioli ha ipotizzato potesse esserci una relazione.
PARTENZA IN SALITA. Così ha nutrito 60 femmine di topo con una dieta ipercalorica, che imita quella da fast-food, e ha aspettato che queste avessero cuccioli. A un mese dalla nascita, i topolini figli di madri sovrappeso dimostravano disturbi comportamentali, come la scarsa propensione a interagire con i propri simili e la mancanza di iniziativa sociale. L'analisi del loro microbioma ha rivelato subito una netta differenza con i batteri intestinali dei topi figli di madri normali.
RIMEDI FAI-DA-TE. Come prova del nove, i topolini sociofobici sono stati lasciati in compagnia dei coetanei sani, e in breve tempo (poiché i topi mangiano gli escrementi dei loro simili, e quindi ne assumono anche i batteri intestinali), i sintomi sociofobici sono regrediti.
IL MICROBO INCRIMINATO. Analisi successive hanno chiarito che nei topi figli di madri obese, i livelli di Lactobacillus reuteri, un batterioche promuove la sintesi di ossitocina (il cosiddetto ormone dell'amore) erano 9 volte inferiori alla norma. Isolando questo batterio dal latte materno umano e introducendolo nell'acqua bevuta dagli animali, i topi hanno recuperato i comportamenti di socialità (ma hanno mantenuto alcuni disturbi, come l'ansia).
NESSUNA GRATIFICAZIONE. Il sospetto è che nei topi con disturbi sociali, le interazioni con gli altri animali non riuscissero ad attivare i circuiti della ricompensa, come di norma avviene. La reintroduzione del batterio che stimola l'ossitocina avrebbe sanato questo deficit. Non si può dire se nell'uomo funzioni allo stesso modo, ma lo spunto è di certo interessante.
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