venerdì 10 giugno 2016

Tre giorni al Primavera Sound

BARCELLONA. E’ stata una esplosione ordinata, l’intero cosmo musicale dell’Europa (e non solo), un quadro di Pollock fatto di note e suoni potenti sparsi per tutta Barcelona, dal Parc del Forum fino al centro città. L’edizione 2016 del Primavera Sound è finita da poche ore, ma le
vibrazioni si sentono ancora e si sentiranno per molto tempo, fra chi in questi tre giorni si è costruito ricordi bellissimi e chi già pregusta la prossima edizione. Perché un festival così rimane dentro e anche sulla pelle, avendo raggiunto un equilibrio (pur con ancora alcuni difetti) difficile da immaginare e studiare a tavolino.
Prima di tutto, la musica. Attorno al Primavera Sound c’è molto: una città letteralmente invasa da giovani e meno giovani tutti con i braccialetti ai polsi e ciondolati durante il giorno in cerca di cibo e birra prima delle maratone di concerti, tutti i palchi brandizzati alla perfezione (H&M, Heineken, Adidas, Ray-ban) e merchandising di ogni tipo. Eppure nonostante la cornice così ingombrante è il dipinto a farla da padron assoluto, è la musica nella sua affermazione più potente. Premessa doverosa certo, le scelte dolorose. La line-up del Primavera è così ricca che le sovrapposizioni fra le esibizioni ci sono e vanno risolte in nome di dubbi estetici e quasi esistenziali.
 Ognuno ha il suo programma, il personale percorso da rincorrere dentro al Forum. Mercoledì sera, come antipasto di una grande abbuffata, ci sono stati  i GOAT sempre colorati e potenti su un palco Primavera già carico e su di giri. Poi è stata la volta dei Suede, invecchiati molto bene dal punto di vista dell’energia, ma un po’ in difficoltà nella tenuta delle corde vocali del sempre Britpop Brett Anderson. A tenere compagnia a tutti fino a notte fonda poi White Fence e Suuns alla Sala Apolo (fila interminabile per entrare, molti hanno “ripiegato” su Jessy Lanza al Barts, godendosi un discreto show). E’ dal giovedì però che si inizia a fare sul serio con Erol Alkan e Todd Terje che fanno ballare tutta la caldissima spiaggia ovattata dall’odore di crema solare e drink del pomeriggio. Al tramonto sui palchi principali arrivano gli Algiers, sorprendenti, prima dei malinconici Daughter e degli Air, una certezza di qualità artistica di livello altissimo. I bravissimi Floating Points sul palco più suggestivo, quello fronte mare, spianano la strada ai Tame Impala (al netto di un problema tecnico, eccezionali) e soprattutto agli LCD Soundsystem. Ecco la miglior esibizione di tutti e tre giorni, per potenza, livello musicale, pulizia del suono e coinvolgimento emotivo di uno straordinario James Murphy. La notte sembra esplodere fuori dalla chitarra di Al Doyle e accompagna molti verso l’alba insieme all’ottimo ritmo di Neon Indian.
Ecco Thom. Il venerdì è il giorno dei Radiohead, attesissimi è molto chiacchierati. Prima però tutti da gustare i Beirut con il sole calante, il loro suono inconfondibile e un pubblico ristretto, ma molto partecipe. Zach Condon è timido come sempre, lascia parlare le canzoni dell’ultimo album e qualche suo grande classico. Le trombe e l’Ukulule accompagnano la folla de Forum all’attesissimo appuntamento con Thom Yorke e compagni: due ore per loro, esibizione più lunga di tutto il festival, pubblico in religioso silenzio e in estasi per l’ultimo encore dedicato a Creep. I Radiohead sono come sempre musicisti abilissimi e possono permettersi quasi qualunque cosa  grazie alla loro aura mistica e semi-divina: è stato un buon concerto, ma forse é mancato qualcosa. 
Esibizione comunque da custodire per sempre dentro i propri ricordi, peccato per i volumi un po’ bassi. Menzione finale della notte di venerdì per gli Animal Collective: noiosissimi e monotoni, delusione notevole.
Celestiale PJ. Il sabato è stata la vera e propria affermazione di una trinità laica della musica. Il padre, Brian Wilson: la storia seduta al piano che tiene appeso alla sua voce (un po’ stanca a dire la verità) un Forum intero. Tutto Pet sound infarcito anche da alcuni grandi successi dei Beach Boys. Ritorno indietro di 50 anni e tutti a ballare bassi sulle gambe per un momento indimenticabile. La figlia, PJ Harvey: che voce, energia, che splendida esibizione. Una potenza ed un controllo vocale del genere non si non si erano ancora sentite al forum. La band sul palco inoltre, potente e precisa, portava con se una buona dose di orgoglio italiano: Enrico Gabrielli, leader dei Calibro 35 e Alessandro Stefana, chitarrista sui palchi con Mike Patton e Capossela. Il concerto procede spedito e con un ritmo travolgente con il picco di The gloriose land, vera e propria chicca della serata. Infine lo Spirito Santo, i Sigur Ros: qualcosa di alto e altro dalla musica, una dimensione artistica parallela per un’esibizione eterea è quasi sfuggente per quanto leggera, ma allo stesso tempo piena di cose. Tutti, anche i più confusionari italiani e spagnoli, ascoltavano rapiti senza fiatare.
 Ultima perla sui palchi principali in concomitanza con il gettonatissimo Moderat, quel pazzo scatenato d Ty Segall prima mascherato e poi giù dal palco lasciando cantare per buoni 10 minuti un fortunato spettatore. È così si é spento l’ultimo giorno al Forum, con ancora e ancora musica fino all’alba e una splendida luce rossa a spuntare dietro il mare. Nostalgia mitigata almeno in parte dall’ultima tornata di concerti alla Sala Apolo domenica notte, appuntamento per gli ultimi irriducibili. Fra nove giorni l’organizzazione mette in vendita i tagliandi per il prossimo anno: una questione di qualità, non certo una formalità.

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