martedì 7 giugno 2016

Via dal conformismo… degli anticonformisti!

“Evita gli abiti trasandati, i capelli lunghi e la barba incolta, il disprezzo manifesto per i preziosi, il letto sistemato a terra e in generale tutto ciò che per vie traverse corre dietro al desiderio di distinguersi per forza”. Sapete quando sono state scritte queste parole? Circa
duemila anni fa, da uno dei massimi pensatori del mondo antico, Lucio Anneo Seneca. Parole pungenti, rivolte a quanti cercano l’originalità a tutti i costi, agli anticonformisti "per forza", che si aggrappano risolutamente a uno stile di vita che dovrebbe condurre lontano dalla palude delle mediocrità quotidiane. L’attraversamento di quella palude tuttavia, diventa poco alla volta qualcosa di ossessivo, obbligatorio, una missione. L’anticonformista è convinto che, se smette di remare anche per un attimo contro corrente, verrà sospinto indietro e diverrà inevitabilmente quel che teme, una persona anonima, uguale a tutti gli altri. Teme insomma di venir rigettato nel lago paludoso dell’anonimato le cui acque appiccicaticce, secondo lui, gli impediscono di emergere. 
Purtroppo dimentica che, la nostra vita quotidiana è immersa nella banalità, né potrebbe avvenire altrimenti. Anche l’uomo più intelligente, originale e ricco di personalità ha i suoi momenti banali, i suoi abbandoni, le sue rilassatezze, le sue pause. Ciò significa che la banalità, il normale e quotidiano svolgersi delle cose costituisce una dimensione costante e necessaria della vita di ogni uomo.

Il vero rischio è perdere le spontaneità

Non di rado l’anticonformista mette in atto una lotta ostinata contro lo svolgersi spontaneo delle cose. In questo caso la sua scelta esageratamente snob segnala una profonda paura di accettare se stesso e ciò che la vita gli ha assegnato. Marco Aurelio, il grande filosofo e imperatore romano lo lascia intendere con alcune belle metafore: “Nulla può accadere all’uomo che non sia vicenda umana, né al bue qualcosa che non sia proprio del bue, né alla vite qualcosa che non sia proprio della vite, né al sasso qualcosa che non sia proprio del sasso. Se quindi a ciascun essere accade ciò che è abituale e naturale, perché dovresti irritarti? La natura universale nulla di insopportabile ti può portare”. L’anticonformista, quindi, a furia di uniformarsi a una falsa immagine di sé, rischia di fare come il serpente che si morde la coda: trasforma il suo anticonformismo in un’altra specie di conformismo.

L’anticonformismo obbligatorio soffoca l’autenticità

Epitteto, un altro grande protagonista del pensiero antico lo dice chiaramente: “Chi è scontento di quello che ha e che gli è stato dato dalla sorte è un estraneo alla vita”. Un’estraneità che sconfina nel narcisismo perché scaturisce dall’adozione di uno schema di esistenza ideale in cui crede di rispecchiarsi totalmente. Tutto ciò non significa che dobbiamo risplendere di una luce presa a prestito da altri, inseguendo in maniera passiva mode che si dissolvono a ogni primo cantare del gallo.
 Ovvero facendo della ricerca del successo il nostro respiro di vita, sarebbe un errore altrettanto grave. La cura di noi stessi passa invece attraverso le porte che apriamo dentro l’anima. Come direbbe John Stuart Mill: “Non è stemperando nell’uniformità tutte le caratteristiche individuali, ma coltivandole e facendo appello a esse che gli uomini diventano nobili e magnifici esempi di vita”.

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