“No, quanto accaduto non può essere considerato solo frutto della fatalità. L’esperienza e la logica ci dicono che, ad Amatrice, le faglie hanno fatto tragicamente il loro lavoro. E questo si chiama destino. Ma se gli edifici fossero stati costruiti come in
Giappone, non sarebbero crollati”.
A parlare, in un colloquio con Repubblica, è il procuratore capo di Rieti, Giuseppe Saieva. Al momento la priorità, per Saieva, sono le vittime, le salme da identificare ufficialmente, da sottoporre ad esame medico- legale una per una.
“Tutte le nostre risorse sono impegnate su questo fronte”, dice. Il procuratore, che ha aperto un’inchiesta per disastro colposo e omicidio colposo, dopo il terremoto è andato personalmente sui luoghi del disastro.
“Per portare la mia solidarietà”, spiega. “All’ingresso del paese ho visto una villa schiacciata sotto un’enorme tettoia di cemento armato”, racconta. “Poco lontano c’era anche un palazzo di tre piani che aveva tutti i tramezzi crollati. Devo pensare che sia stato costruito al risparmio, utilizzando più sabbia che cemento. Cose che accerteremo a tempo debito. Se emergeranno responsabilità e omissioni, saranno perseguite. E chi ha sbagliato, pagherà”.
Secondo una prima stima, sono 115 gli edifici crollati o gravemente lesionati nei comuni del reatino. I pm, per prima cosa, dovranno verificare se ciò che è stato costruito ex novo o modificato negli ultimi 15 anni sia conforme al testo unico del 2001, la norma base con le disposizioni in materia di progettazione antisismica. E questa radiografia la subirà anche la scuola Romeo Capranica di Amatrice.
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