venerdì 30 settembre 2016

Esce il remake di Ben-Hur

Ben-Hur, Il film di William Wyler con Charlton Heston e Stephen Boyd uscito nel 1959, è uno dei maggiori collosal hollywoodiani di tutti i tempi. E ha vinto 11 Oscar. È soprattutto a quest’ultima circostanza che devono aver pensato il regista
kazako Timur Nuruachitovic Bekmambetov e la Metro Goldwyn Mayer, prima di, rispettivamente, girare il remake e investire sulla produzione della pellicola più di 100 milioni di dollari. Ma da agosto, quando è uscito nelle sale americane, gli incassi si sono fermati alla magra cifra di 25 milioni, sancendo, per ora, quello che le previsioni di alcuni analisti annunciano come uno dei più colossali flop delle ultime stagioni cinematografiche. In uscita oggi in Italia, con il compito di colmare con gli incassi fuori dagli States quella voragine che si è creata tra spese e ricavi, questa volta la storia del principe ebreo Giuda Ben-Hur, che culmina nella spettacolare corsa delle quadrighe al circo di Gerusalemme, è molto più breve dell’originale: quasi un’ora e mezzo in meno rispetto al grande classico di fine anni ‘50. Ma anche questo remake, come il primo film, è tratto dall’omonimo romanzo di Lew Wallace.
Il britannico Jack Huston interpreta il reale ebreo, e nel cast figura anche Morgan Freeman. Il regista Timur Nuruachitovic Bekmambetov, conosciuto per il film La leggenda del cacciatore di vampiri (Abraham Lincoln: Vampire Hunter, 2012) di cui è stato anche produttore, ha cercato di limitare in minima parte l’utilizzo della computer grafica, imponendo, ove possibile, la ricostruzione di scenari artificiali che riproducessero le ambientazioni originarie; così è successo, ad esempio, per il circo in cui svolge la corsa finale, quella nella quale il principe Ben-Hur fronteggia il suo amico e poi rivale Messala, interpretato da Toby Kebbell. Un ulteriore espediente per conferire veridicità alle scene d’azione è stato quello dell’utilizzo massiccio delle riprese audio e video delle GoPro, piccole e resistenti telecamere portatili che possono essere utilizzate dagli attori stessi, o montate sui veicoli in movimento. Grande realismo quindi e una forte dose di spettacolarità: basteranno questi elementi a far apprezzare al pubblico europeo un film che in America è stato snobbato?

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