mercoledì 1 marzo 2017

CINEMA - La legge della notte ( Recensione)

Nell'epoca della Grande Depressione e del proibizionismo, Joe Coughlin (Ben Affleck) si guadagna da vivere con la piccola delinquenza di Boston, in aperto contrasto col padre poliziotto (Brendan Gleeson). Innamoratosi della pupa (Sienna Miller) di un
gangster irlandese, si mette nei guai. Per vendicarsi, deciderà di trasferirsi a Tampa e di sfruttare la rivalità tra il gangster di cui sopra e il boss della mafia italiana; trascinerà nella sua rapida ascesa i destini della bella Graciela (Zoe Saldana), del capo della polizia locale (Chris Cooper) e della di lui figlia (Elle Fanning). Ma ha davvero il cuore di un gangster?
Con alle spalle il trionfo di Argo, Affleck per la sua quarta regia ha optato per tornare dal suo amato scrittore Dennis Lehane, autore del romanzo alla base di questo La legge della notte e già dietro al suo fortunato esordio dieci anni fa, con Gone Baby Gone: ricomincia quindi dall'amata Boston, per tuffarsi in un noir gangsteristico d'epoca che si allarga via via, in tematiche e respiro geografico/etnico. La legge della notte è un film più ambizioso dei precedenti dell'autore, anche se il crudo sguardo sociale di Gone Baby Gone o la paradossale storia vera di Argo sembrano più originali di questa "ascesa criminale" che è un vero genere a sè stante, di cui La legge della notte rispetta quasi tutte le regole. Eppure è proprio in questa codificazione estrema del genere che si cela la trappola in cui Affleck fatica a non cadere: se i suoi precedenti lavori da regista si poggiavano con saggezza su storie preziose, dove il plot stesso sorreggeva un regista ai primi passi ma molto attento agli attori, il taglio a cui La legge della notte vorrebbe puntare, tra Michael MannSergio Leone e Martin Scorsese, si dimostra una fatica improba per Ben.
Questo non per mancanza d'impegno: autore dell'adattamento, regista, coproduttore e protagonista, Affleck si circonda ancora di grandi attori e attrici (ottima Elle Fanning, centrato il nostro Remo Girone), non bada a spese e vuole accanto a sè Robert Richardson, direttore della fotografia di Quentin Tarantino e guardacaso di Scorsese. Sull'altro piatto della bilancia, però, ci sono uno stile registico e un attore protagonista (lui stesso) non di certo regolati sullo stile espressionistico che ci si aspetterebbe da questo tipo di materiale e che peraltro i collaboratori, attori e tecnici, sembrerebbero lì prontissimi a seguire. Il comportamento sdoppiato del protagonista, "delinquente ma non gangster", non può assumere le vette di tragedia e impenetrabilità con i limiti dell'Affleck attore, e non tutte le situazioni sono valorizzate con una messa in scena inventiva.
Eppure dispiace, perché da scene come quella al bar tra Affleck e Fanning si avverte quanto Ben creda nel cinema classico, d'attori, di (anti)eroi e di generi. Con tutti i suoi limiti, La legge della notte si fa seguire, complice uno sfondo storico affascinante, e ci stupisce meno del solito vedere da parte del pubblico un sostegno al film, in contrasto con la critica, perché c'è un idea di cinema tecnicamente corretto e preciso. E' solo che, come non accadde per Gone Baby GoneArgo e anche in fondo per The Town, la semplice correttezza in questo caso si adatta meno alla potenziale epica del materiale.

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