La realtà virtuale non è un gioco (o non è soltanto un gioco). Sono infatti tante e diverse le applicazioni che utilizzano visori 3D, caschi e sensori in ambiti diversi dai videogame e spaziano dalla ricerca alla medicina, dall’ingegneria all’industria
aerospaziale.
IL NONNO DEGLI OCULUS. Questa tecnologia è sbarcata sul mercato dell’elettronica di consumo (soprattutto giochi) negli ultimi tre anni, ma i primi esperimenti di VR risalgono a più di 50 anni fa: furono condotti da Ivan Southerland e Bob Sproull, che tra il 1966 e il 1968, nei laboratori del MIT, realizzarono il primo visore con il quale simulare una realtà che non esisteva davanti agli occhi dell’utilizzatore.
Era composto da due piccoli schermi a tubo catodico, in pratica due televisori in miniatura, montati su un complicato sistema di specchi. Il tutto si indossava tramite un casco decisamente ingombrante e collegato via cavo a un computer grande come un armadio a 6 ante. Il sistema riusciva a generare, con una grafica primitiva, le pareti di una stanza e alcuni oggetti tridimensionali, come cubi e piramidi.
Girando la testa cambiava la prospettiva, e l’impressione era appunto quella di trovarsi immersi in un ambiente diverso da quello reale.
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