giovedì 9 marzo 2017

Stadio, perché il compromesso della Raggi è negativo

Alcuni giorni fa Direttore del Messaggero, Virman Cusenza, con un articolo dal titolo “Oltre il caso stadio” ha posto dei temi che meritano delle risposte e che devono, in ogni caso, interrogare la politica romana.
 E’ abbastanza evidente quanto negli ultimi 10 anni la debolezza dei governi, caratterizzata dalla mancanza di un progetto per Roma e dalla inadeguatezza della rappresentanza che si è alternata, costituisca la principale causa dei problemi che vive la città.
Appare tuttavia difficile sostenere che i ritardi e il deficit di innovazione che hanno messo la città in posizione di clamoroso svantaggio rispetto alle altre metropoli europee, si possa ricondurre a quello che Cusenza definisce «cedernismo».
Certo, l’iniziativa della soprintendenza relativa all’avvio del procedimento del vincolo sulla tribuna dell’impianto di Tor di Valle è insopportabile nel merito e nel metodo, ma l’episodio non può essere l’argomento attraverso il quale si cerca di dimostrare che il freno allo sviluppo derivi dal sistema di regole e tutele che il nostro paese si è dato per difendere il patrimonio ambientale, storico e archeologico. Dire questo significa, semplicemente, coltivare un’idea di sviluppo inadeguata al nostro tempo.
Vivere a Roma è via via diventato sempre più difficile a causa della frammentazione del tessuto relazionale, del degrado territoriale, dello scadimento dell’etica civica, e della debolezza delle risposte.
 I cittadini si sentono soli davanti ai problemi e rinunciano ad impegnarsi. Però la città attuale non viene dal nulla. E’ il risultato di una storia, piena di contraddizioni, dove ha inciso molto anche la mancanza di una borghesia illuminata, capace di fare dell’innovazione e della qualità le leve dello sviluppo. Al contrario, rendita e abusivismo sono state la causa dell’espansione irrazionale della città che, non potendo più contare sulle risorse del passato, è diventata ingestibile.
Ovviamente non possiamo pensare che un nuovo modello di sviluppo nasca dal nulla, o dalla mediazione tra un capitalismo arcaico e la rigidità delle tutele, ma che sia, invece, la scommessa di una nuova classe dirigente cittadina che affermarsi su una idea di futuro.
La politica deve tornare con “potenza” e indicare una direzione, l’informazione favorire la formazione di una opinione pubblica più civile, il mondo produttivo deve riscoprire il senso di operare nell’interesse della città, garantendo qualità e occupazione. Sì perché bisogna ricominciare dal lavoro, dal valore sociale, prima che economico, che esso ha nella vita di ogni persona. Questa è la sfida che vedo. Diversamente continuerà questo tutti contro tutti sulle macerie di una città, dove – ha ragione Cusenza – non si può più stare.
Sullo stadio, al di là dei dubbi di merito che possono attraversare ognuno di noi, il direttore del Messaggero pone un tema serio, ovvero di quanto incida una variante urbanistica di queste dimensioni in termini di alterazione del mercato. O, semplicemente, in termini di rapporti di forza all’interno della città. Si spinge al punto di affermare che “chi dovrà costruire gli immobili potrà giovarsi di un costo di partenza fortemente inferiore al prezzo di mercato. La cultura di questo giornale non è mai stata contraria all’innovazione ma all’alterazione del mercato. E qui ce ne sono tutti gli estremi.”
Il piano regolatore approvato nel 2008 rappresenta l’atto finale di un lavoro incredibile che ha voluto mettere al centro Roma e i romani, ridefinendo l’equilibrio tra diritti dei cittadini e diritti dei costruttori. Rappresenta anche la fotografia dei rapporti di forza all’interno della città che, in tutta evidenza, a distanza di 10 anni sono radicalmente mutati.  
La nostra cultura politica ci spinge ad essere sensibili, in particolar modo, al minor peso che oggi i cittadini hanno nelle attuali gerarchie del potere romano. In questo incide la crisi del movimento democratico, ma anche le ambiguità del sistema di informazione che divide, strumentalizza e incattivisce le coscienze.
Sullo stadio in tanti, compreso l’ex Sindaco Marino, hanno ricordato lo sforzo per imporre al soggetto proponente una serie di importanti investimenti in opere pubbliche, di fondamentale importanza per garantire la sostenibilità dell’intervento. Uno stadio deve essere prima di tutto accessibile.
L’aumento di volumetrie rispetto alle previsioni di piano aveva dunque il compito di compensare, così come previsto dalla legge, sia la realizzazione dello stadio, ma anche tutte le opere di interesse pubblico necessarie alla sua fruizione, nonché alla modernizzazione del quadrante occidentale.
Il compromesso raggiunto dal Sindaco Raggi rappresenta quindi un indebolimento complessivo del progetto che rischia di non rappresentare più un valore per il territorio, ma semplicemente un peso urbanistico di cui la città attuale dovrà farsi carico. Sì, perché non può passare in secondo piano il fatto che lo stadio è prima di tutto una struttura capace di ospitare eventi con decine di migliaia di persone e la sua realizzazione produrrà, inevitabilmente, dei tumulti non indifferenti al già fragile sistema di mobilità pubblica e privata. Alla vita delle persone.
 Ecco quindi che siamo davanti ad una evidente divergenza di valori, perché l’idea di provare a mettere in campo il migliore dei progetti possibili, scommettendo su qualità e sostenibilità, è stato per noi il modo per tenere insieme le ragioni della As Roma, che deve poter innalzare il suo livello di competitività attraverso l’utilizzo di un impiantistica innovativa, multifunzionale e produttrice di reddito, con i diritti dei cittadini e le esigenze della città.
Queste scelte rompono l’equilibrio dei rapporti di forza tra imprenditori? Certamente, ma non sarebbe la prima volta.
 Ma tuttavia più che la preoccupazione delle “alterazioni del mercato”, sarebbe più importante affrontare il ruolo che giocano o possono giocare i soggetti sociali (borghesia, mezzi d’informazione, forze politiche, rappresentanze sindacali) che, interagendo, contribuiscono a formare la visione della città che verrà. Roma non se la passa bene e sarebbe bello se ognuno di noi tornasse ad occuparsene. Questo, almeno, pensiamo debba essere il compito di un nuovo partito democratico a Roma.

1 commento:

  1. Bonito estádio de futebol, será que está no mesmo Destino do Maracanã do Rio de Janeiro?

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