Una ricerca multidisciplinare condotta da un team di ricercatori inglesi che ha lavorato su reperti di sepolture del periodo medievale, portati alla luce nello Yorkshire (Inghilterra), ha rivelato che i corpi sono stati sottoposti a pratiche
brutali dopo la morte - bruciati, mutilati e martoriati in vari modi. Lo studio - del 2016 - è stato di recente pubblicato sul Journal of Archeological Science: Reports.
I ricercatori ritengono che queste pratiche (di cui è stata trovata traccia anche in altri siti archeologici) dovevano servire a impedire che i defunti tornassero a camminare e diventassero una minaccia per i vivi, un'idea diffusa a lungo in Europa e di cui abbiamo un esempio in alcune sepolture del XVII secolo rinvenute a Venezia.
Il lavoro dei ricercatori inglesi si è svolto su di una collezione di ossa umane, tra cui adulti, adolescenti e bambini, portati alla luce mezzo secolo fa e che si fanno risalire a un periodo compreso tra l'XI e il XIV secolo.
UOMINI, DONNE, BIMBI. Le ossa presentano bruciature e tagli inflitti da coltelli: gli studiosi hanno escluso sia che siano stati prodotti su individui ancora in vita, sia che abbiano avuto per scopo quello di staccare la carne dalle ossa - e quindi non sono da imputare ad atti di cannibalismo.
La spiegazione alternativa è che i danni siano stati deliberatamente inflitti per mutilare i corpi dopo la morte, probabilmente proprio per impedire loro qualunque diabolico compito potessero avere nella condizione di morti.
Le ossa appartengono ad almeno 10 individui di età compresa tra i 2 e i 50 anni, tra cui almeno due donne. I reperti vennero portati alla luce nel 1960, quando alcuni archeologi che stavano studiando le fondamenta di una casa trovarono le ossa in tre pozzi posti tra le case, ad una certa distanza dalla chiesa e dal vecchio cimitero. Lo studio delle dentature ha permesso anche di appurare che quegli individui erano tutti originari del luogo - non erano cioè "stranieri".
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