giovedì 11 maggio 2017

La scienza degli accumulatori seriali

Quando si pensa agli accumulatori seriali vengono in mente i protagonisti di alcuni reality, ma non occorre dormire su pile di abiti smessi per sperimentare un attaccamento patologico verso gli oggetti. Sappiamo che ogni tanto fare
pulizia tra ciò che abbiamo collezionato è un'operazione catartica, perché allora viviamo circondati da tante cose inutili? La questione è al centro di un articolo pubblicato sul New Scientist.

COMPAGNIA DI VECCHIA DATA. Si potrebbe pensare che quello dell'accumulo di oggetti sia un disturbo moderno, legato al consumismo e all'industrializzazione. Ma in realtà molti animali stipano provviste per l'inverno, e ci sono tracce di magazzini di cibo, strumenti e ornamenti antichi anche 10 mila anni. I nostri antenati mettevano da parte i loro averi per salvarli da predatori o furti, e si pensa che accumulare sia una costante delle società in cui l'accesso agli oggetti è relativamente facile e poco costoso.

DISTRIBUZIONE. Oggi i casi patologici riguardano il 2-6% della popolazione, soprattutto in età adulta (le prime diagnosi avvengono attorno ai 50 anni). A lungo si è pensato che la disposofobia, ossia il disturbo degli accaparratori cronici, fosse una forma di disordine ossessivo-compulsivo. Ora si sa che si tratta in realtà di due problemi un po' diversi (dal 2013 sono classificati separatamente).

SENTIMENTALI CON FANTASIA. In contrapposizione all'ansia e allo stress provati da chi è affetto da entrambi i disturbi e si trova costretto a buttare oggetti, il disposofobico prova emozioni positive, di piacere, nell'accumulare. Gli accaparratori sono legati ai loro possessi da sentimenti di amore, che si traducono in un'attenzione al dettaglio e alla bellezza di linee e profili solo apparentemente banali, nel ricordo preciso della disposizione nello spazio dei vari oggetti, nonché in un pensiero creativo su tutti i possibili usi che di quell'oggetto si potrebbero fare (sei matta a buttare quei tappi! E se ci servissero dei fermaporta?).

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