domenica 20 agosto 2017

CINEMA "Atomica Bionda" - Recensione

La fine degli anni Ottanta, Berlino, i giorni elettrici, pericolosi e frenetici che precedevano la caduta del Muro, che cambiavano la Storia affinché la Storia (certa Storia, certi intrighi, certe macchinazioni) potesse rimanere la stessa. O così credeva qualcuno.
Storia a parte, lo scenario di Atomica bionda è di quelli che da solo potrebbe valere il prezzo del biglietto, con tutte le suggestioni estetiche e musicali che Berlino, quella Berlino lì, mette a disposizione, e che David Leitch utilizza a piene mani. Con tutti quegli anfratti in cui una trama fatti di giochi, doppio giochi e tripli giochi come quasi nemmeno in Le Carré , si può annidare, espandere, nascondere e rivelare.
Con questo ben di Dio di materiale qui a disposizione, David Leitch non si fa certo scrupoli a utilizzarlo, a sfruttarlo, a spremerlo fino all'ultima goccia, nemmeno fosse uno dei tanti bicchieri di vodka Stolichnaya che Charlize Theron- capelli platinatissimi e occhi bistratissimi - si scola a più riprese dall'inizio alla fine del film.
Una Theron glaciale, che emerge da una vasca piena di cubetti e che manterrà quella temperatura emotiva per tutto il film, anche quando mena come un fabbro a mani nude o spara in testa a tre nemici in una volta, anche quando si lascia andare a un incontro lesbo con Sofia Boutella, spia francese inattrezzata, sì, ma fino a un certo punto.
Ghiaccio bollente, Charlize, bionda e atomica, controllata e spietata, vittima e carnefice nel gran gioco delle parti nel quale non sai mai davvero chi ti trovi di fronte, anche quando ti piazzi davanti a uno specchio: figuriamoci poi se di fronte hai il solito James McAvoy sopra le righe, o magari il Bill Skarsgård che lascia intravedere quando potrà far bene nei panni di Pennywise.
Tutto questo spionaggio qui, quest'azione, la violenza, la bellezza, e la Berlino dell'89, e la musica di quegli anni, Leitch li sfrutta a piene mani, li spreme. Di più: li distilla.
E il suo Atomica Bionda, un film tutto sui toni del grigio e dell'azzurro, desaturato, che ogni tanto esplode di luminosità pastello e al neon così come la glaciale Theron esplode in momenti di violenza efferata, diventa uno dei film più stilizzati che si siano visti di recente, dove ogni inquadratura e ogni sequenza pare uscita da un fumetto, o pensata per una graphic novel, rivelando così la sua matrice.
Depeche Mode, David Bowie, New Order, Nena, Queen, Falco, Duran Duranfanno da colonna sonora a immagini tanto nitide e precise quando torbide e oscure sono le trame che raccontano. Immagini e trame attraversate dalla Theron, squalo in tacchi a spillo pronto ad attaccare, una Bond al femminile che non deve chiedere mai, e che - perfino di fronte al crollo delle ideologie - di bussola morale ne una sola, e personalissima: la sua, che indica solo lì dove fa comodo a lei.
Una spia così giusta per il suo tempo, così dentro anche al nostro.

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