Non manca molto: tra cinquant'anni o trent'anni o forse ancora meno, non aggiorneremo più soltanto il software del telefonino, della TV, della macchina o del computer, ma anche quello di tutti i dispositivi con i quali saremo integrati. In
alcuni casi con obiettivi medici o terapeutici, per esempio per sostituire arti o organi non più funzionanti, e in altri per migliorare artificialmente le nostre prestazioni fisiche o cerebrali.
E quello che gli esperti chiamano “bioenhancement” e di cui ha parlato qualche mese fa anche Elon Musk.
ARRIVANO I CYBORG. Non si tratta soltanto di protesi biomeccaniche super evolute quindi, ma anche di interfacce uomo macchina che estenderanno le nostre facoltà cognitive: ci permetteranno cioè di ricordare più cose e di aumentare l’attenzione, mitigheranno gli effetti dell’età e delle malattie neurodegenerative, ci permetteranno di vedere più lontano o di sentire meglio.
L’impatto di queste tecnologie non sarà solo sul piano fisico, ma anche e soprattutto su quello etico. Il rischio più concreto è che si perda di vista l’aspetto umano della persona e la si trasformi in una piattaforma biologica sulla quale aggiungere, costruire e potenziare. L’uomo rischia cioè diventare semplicemente la somma delle proprie estensioni artificiali.
SISTEMA UOMO. Lo sostiene Michael Bess, docente di storia alla Vanderbilt University che da diversi anni si occupa dell’impatto culturale delle nuove tecnologie.
Dalle pagine di Aeon, Bess spiega come il pericolo di arrivare a considerare l’uomo alla stregua di una bella automobile sulla quale montare accessori sempre nuovi e potenti sia assolutamente reale.
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