Ormai ragazzino, Sebastien rischia di viaggiare alla volta del Canada, in compagnia del papà e della neomamma: non vuole assolutamente abbandonare le montagne, Belle e i
suoi tre cuccioli, ma l'intromissione di un crudele personaggio di nome Joseph rischia di mettere ogni altro problema in secondo piano. L'infido sostiene di essere il legittimo padrone del cane...
La produzione di questo Belle e Sebastien - Amici per sempre si è resa obbligatoria dopo i solidi risultati al botteghino di Belle e Sebastien nel 2013, confermati dal successivo Belle e Sebastien - L'avventura continua nel 2015. Nella continuità della committenza (ci sono tra le etichette Gaumont e Canal+), la serie cambia ancora una volta regista, aprendo le porte all'attore Clovis Cornillac, che fu Asterix in Asterix alle Olimpiadi e ha un'esperienza di regia con Un po', tanto, ciecamente di tre anni fa. Cornillac riserva per sè il ruolo del villain Joseph, un uomo nero che, nell'atmosfera animalista del film e nel suo muoversi con un mezzo minaccioso estensione del suo essere, ricorda il bracconiere McLeach di Bianca & Bernie nella Terra dei Canguri. D'altronde, rimaniamo nel regno della favola familistica: le avventure del ragazzino e della gigantesca patou viaggiano sui binari sicuri di un pathos rigorosamente a misura di bambino, sempre ispirato ai racconti di Cécile Aubry, alla base pure dell'amato anime.
La suspence è elementare e la caratterizzazione dei personaggi squadrata, alla quale non riescono ad apportare sfumature (nè potrebbero) i riconfermati Félix Bousset come Sebastien e Tchéky Karyo alias Cesar, l'impetuoso nonno acquisito. Al terzo giro, la natura esiste più nelle sempre suggestive ambientazioni, meno in una rappresentazione degli animali molto umanizzante, tra la brillantezza surreale (e i mugolii osssessivi) di un Commissario Rex e la leziosità di Quattro bassotti per un danese. Detto questo, i cuccioli di patou che fanno la comparsa in questo lungometraggio per qualcuno potrebbero valere il prezzo del biglietto, e non c'è cinismo che tenga.
Contenuti, confezione e registro arrivano insomma da un'altra epoca di ingenuità pretecnologica, per giunta enfatizzata con orgoglio: basti pensare alla diffidenza di Cesar, fiero montanaro, nei riguardi dell'auto del sindaco. Siamo dopotutto nel 1948, si dirà, però è evidente che la missione dei produttori Clément Miserez e Matthieu Warter è proprio quella di trasportare le giovani generazioni verso un'immedesimazione primaria, oltre i simboli condivisi della contemporaneità. L'intera trilogia ha sfoggiato la nobile intenzione, però fortunatamente Amici per sempre ci è apparso più spontaneo e meno calcolato del secondo atto: recupera la dimensione più intima e meno epica del prototipo, anche se quella naturalistica e contemplativa è ormai evaporata.
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