La Prima guerra mondiale è stata una guerra di soldati, marinai e grandi battaglie, ma anche una guerra tra scienziati. Mai come durante il conflitto del 1914-18 si rivelò "utile" il contributo di fisici, chimici, matematici e ingegneri per mettere a punto, ad uso militare, molte delle invenzioni civili fatte fino a quel momento.
I GAS. Il caso più famoso di scienziato "prestato" alla guerra è quello di Fritz Haber. Premio Nobel per la chimica, lavorò per il governo tedesco per produrre una micidiale arma di distruzione di massa: il gas asfissiante.
Il 22 aprile 1915 lo sperimentò a Ypres, in Belgio. Rilasciò 150 tonnellate di cloro nelle trincee sul fronte delle Fiandre. I risultati furono devastati e immediati: dopo qualche minuto 1.200 francesi, forse anche di più, giacevano avvelenati. Il gas aveva bruciato loro occhi e polmoni.
Fritz Haber passò alla storia per aver creato un'arma devastante che costò la vita a 80.000 persone durante il conflitto e per essere stato il primo scienziato a lavorare su commessa militare. Ma non fu certo l'ultimo.
Molti altri chimici durante la Grande Guerra infatti furono arruolati dai paesi belligeranti per arginare i danni dei gas chimici. E in attesa che venissero studiate le maschere antigas ci si difese come si poteva: tenendo nelle trincee panni in ammollo, dentro secchi d'acqua, da indossare al volo sulla faccia al primo allarme.
LA FISICA DEI SOTTOMARINI. Il padre della fisica nucleare, Ernest Rutherford, su richiesta degli inglesi si concentrò invece sulla rilevazione dei sottomarini che allora erano una minaccia bellica poco esplorata. Già sperimentati durante la guerra civile americana, a partire dal 1900 ebbero un'evoluzione rapidissima e nel conflitto giocarono un ruolo decisivo. Come identificarli e neutralizzarli prima che facessero danni?
La risposta arrivò dalla Francia e la elaborò il fisico Paul Langevin che in quegli anni sviluppò una tecnica per la produzione e la ricezione di ultrasuoni necessari proprio a rilevare la presenza di sommergibili (una tecnica che anticipò i sonar, i "radar dei mari" utilizzati ancora oggi, tra le altre cose, per disegnare le mappe dei fondali marini ed oceanici).
E IN ITALIA? Anche nel nostro Paese gli scienziati non stettero a guardare. Guglielmo Marconi, fresco di Nobel per la fisica (1909), nel 1911 partecipò alla guerra in Libia organizzando il servizio di radiotelegrafia con l’Italia. Dal 1915 lavorò come capitano presso l'ufficio Radiotelegrafico della Marina militare italiana (tanto che ancora oggi i radiotelegrafisti dell'esercito sono chiamati “marconisti”).
IL PADRE DEL CNR. Come racconta Angelo Guerraggio nel suo La scienza in trincea, alla Grande Guerra partecipò anche il matematico italiano Vito Volterra, già ultracinquantenne. Convinto interventista, si occupò di calcolare il tiro dei cannoni montati sui dirigibili e di migliorare le prestazioni dei palloni aerostatici.
Fu lui a suggerire di usare l'elio invece dell'idrogeno (molto infiammabile) e, sempre lui, nel 1917 promosse la fondazione dell'Ufficio Invenzioni e Ricerche - il futuro Cnr - nato proprio per coordinare lo sforzo scientifico e tecnologico durante il conflitto.
Poi ci fu anche chi, come il matematico Mauro Picone, fresco di laurea, in guerra si ritrovò quasi per caso. Arruolato per la leva fu mandato sul fronte del Trentino e lì gli fu chiesto di calcolare le tavole di tiro per l'utilizzo delle artiglierie pesanti. Problema che risolse servendosi della matematica applicata e utilizzando tecniche di analisi numerica.
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