lunedì 3 febbraio 2020

Coronavirus cinese: a quando il vaccino?

Sono diverse le organizzazioni che si stanno impegnando nella produzione di un vaccino contro il nuovo coronavirus (2019-nCoV, il cosiddetto coronavirus
cinese), che si è diffuso a macchia d'olio a partire da Wuhan, in Cina (vedi i dati di diffusione sempre aggiornati). Nonostante l'iter di produzione di un vaccino sia normalmente piuttosto lungo e vada da un minimo di un anno a diversi decenni, in questo caso i tempi potrebbero ridursi notevolmente: sia grazie ai progressi tecnologici, che fanno sì che il genoma del virus (dal quale partire per identificare l'antigene che indurrà la risposta immunitaria) sia a portata di clic, sia grazie agli studi già effettuati su virus strettamente imparentati al nuovo coronavirus, come SARS e MERS.
«Se non ci saranno imprevisti, avremo un trial di fase 1, ossia i primi test, entro i prossimi tre mesi: un record», afferma Anthony Fauci, direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases al National Institute of Health (NIH).
PREVENIRE È MEGLIO CHE CURARE. Purtroppo nessuno conosceva l'esistenza di questo particolare tipo di coronavirus fino a che non è iniziato il contagio. Dal momento che si tratta della terza epidemia di coronavirus negli ultimi vent'anni bisognerebbe forse pensare di sviluppare un vaccino "generico" che protegga dai coronavirus anche in futuro, in modo da farci trovare meno impreparati nel caso in cui insorgesse un nuovo ceppo appartenente alla stessa famiglia di virus.
Bisogna infatti ricordare che i vaccini, nonostante vengano spesso sviluppati quando l'epidemia è in corso, funzionano al meglio come prevenzione: «I vaccini possono non essere di grande aiuto durante lo stadio iniziale di un'epidemia, ma se riusciamo a svilupparli in tempo rappresentano un vantaggio non da poco», afferma Richard Hatchett, direttore della Coalition for Epidemic Preparedness Innovations (CEPI). Purtroppo è impossibile fermare del tutto queste epidemie, che scoppiano a intervalli irregolari. Quello che possiamo fare è cercare di limitarle creando vaccini, effettuando maggiori controlli su animali e persone e investendo sulla valutazione dei rischi.

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