lunedì 14 maggio 2018

Il terremoto che può salvare gli elefanti

La lotta per la salvaguardia delle specie in via di estinzione a volte richiede una buona dose di creatività, come dimostrano i biologi dell'Università di Oxford, che
insieme ai colleghi di geofisica hanno messo a punto un sistema per tracciare gli spostamenti degli elefanti utilizzando tecnologie di solito impiegate nel rilevamento dei terremoti.

LE VIBRAZIONI DELL'ELEFANTE. Come molti grandi animali - tra cui le balene e lo scomparso T.rex - i pachidermi sono capaci di comunicare tra loro a grande distanza. I ricercatori hanno scoperto che i loro barriti si propagano, oltre che nell'aria, anche nel terreno, e possono quindi essere rilevati con i geofoni, sensori molto semplici in grado di captare onde a bassa frequenza che si propagano nel suolo.

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Un geofono verticale: è uno strumento molto semplice - e perciò relativamente economico - utilizzato per costruire reti di rilevamento sismico, ma ha anche utilizzi molto comuni, per esempio la ricerca di perdite d'acqua sotto il manto stradale.
Lo studio, pubblicato su Current Biology, conferma l'idea secondo cui gli elefanti comunicano a distanza attraverso le vibrazioni del terreno. Secondo Beth Mortimer, coordinatore della ricerca, la forza generata dal barrito degli elefanti (le vibrazioni prodotte dalle onde sonore) è paragonabile a quella scaricata a terra quando camminano velocemente. Il suono riesce così a propagarsi nel suolo e a coprire distanze molto più elevate rispetto a quelle che raggiunge diffondendosi nell'aria.

INCASTRATI DALL'ONDA. Gli elefanti emettono anche suoni a bassa frequenza, attorno ai 20 hertz, che non possono essere colti dall'orecchio umano. I ricercatori si sono concentrati su questi brontolii e hanno scoperto che si propagano nel terreno per oltre 6 km di distanza. Lo studio rileva anche che questi animali riescono a inviarsi segnali a distanza battendo con forza le zampe a terra: le vibrazioni provocate da questi colpi di maglio si diffondono nel suolo per 3-4 km.

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