Le ultime settimane di intensa attività vulcanica del Kilauea hanno provocato soltanto un ferito grave (un uomo, colpito da un proiettile di lava mentre era seduto al balcone): è il risultato di una capillare rete di
monitoraggio del vulcano hawaiano, attivo da 35 anni. Non sempre però, il bilancio è così positivo.
LA CONTA DELLE VITTIME. Nel mondo 800 milioni di persone abitano nel raggio di 100 km da un vulcano attivo - una distanza che comporta rischi potenzialmente letali. Tra questi, 200 milioni vivono in Indonesia. Secondo un'analisi commissionata dalla BBC ai vulcanologi dell'Università di Bristol (Regno Unito), dal 1500 ad oggi circa 280 mila persone sono state uccise da eruzioni vulcaniche o fenomeni connessi, 170 mila da sei eventi soltanto.
La maggior parte di queste persone è finita vittima di colate di fango vulcanico nelle Filippine, di fiumi di lava nella Repubblica Democratica del Congo, di proiettili di roccia in Giappone. Lo scorso anno, tre persone sono morte in Italia cadendo in un cratere della Solfatara di Pozzuoli. Dal 2000 ad oggi le vittime di vulcani sono state 2.000.
NON IL PIÙ TEMIBILE. La lava del Kilauea, che ha percorso 5 km fino all'oceano, a temperature di 1.200 °C, non risulta particolarmente mortale perché procede abbastanza lentamente da consentire un'evacuazione a passo d'uomo. I guai cominciano quando, lungo il percorso, causa esplosioni, o quando, giunta al mare, genera sbuffi di vapore, acido cloridrico e frammenti di vetro. Anche l'anidride solforosa, rilasciata dal vulcano hawaiano in fase eruttiva e non solo, rappresenta una possibile minaccia.
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