Due nuovi studi su una proteina la cui sovrapproduzione è caratteristica di molte malattie neurodegenerative, la beta-amiloide, svelano aspetti per certi versi
sorprendenti di questa sostanza, principale costituente delle placche senili (o placche amiloidi) che si accumulano nel cervello dei malati di Alzheimer.
Il primo studio, pubblicato sul Journal of Neuroscience, ipotizza che i danni cognitivi dovuti alla malattia di Alzheimer e i disturbi neurocognitivi associati al virus dell'HIV siano legati a danni neuronali dello stesso tipo, e che a metterci lo zampino sia proprio la beta-amiloide.
ANALOGIE E DIFFERENZE. Anche se i disturbi cognitivi associati all'HIV (HAND) e la malattia di Alzheimer hanno alcuni sintomi in comune (come perdita di memoria, scarsa concentrazione, deficit delle funzioni esecutive), non è chiaro se all'origine vi siano analoghi meccanismi di progressione, perché i pazienti del primo gruppo non mostrano le placche amiloidi caratteristiche del morbo di Alzheimer.
Così i ricercatori dell'Università della Pennsylvania hanno rivolto le loro attenzioni sul ruolo di una proteina, la beta-secretasi (BACE1), un enzima considerato indicatore precoce dell'insorgenza della malattia. Le placche amiloidi sono formate dall'aggregazione di blocchi proteici insolubili detti oligomeri Aβ - anch'essi neurotossici - la cui formazione è favorita dall'azione della beta-secretasi.
Il team ha trovato alti livelli di enzima BACE1 e di oligomeri Aβ - capaci di danneggiare le cellule nervose - nel tessuto cerebrale di individui sieropositivi, analizzato post mortem. Quando globuli bianchi infettati dal virus dell'HIV sono stati somministrati a neuroni di topo, hanno in effetti scatenato su di essi meccanismi di neurotossicità.
La scoperta porta a sperare che la beta-secretasi possa essere un buon bersaglio terapeutico, e che prendendola di mira si possano lenire i disturbi neurologici connessi al virus dell'HIV.
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