mercoledì 6 giugno 2018

Si fa presto a dire insalata

In-salata: participio passato del verbo insalare, aggiungere sale. Il nome ne rivela la fama di cibo poco saporito, cui aggiungere appunto un esaltatore di sapidità. Un insieme di foglie,
radici, bacche e frutti selvatici è presumibilmente la prima ricetta che gli esseri umani abbiano creato. Eppure a distanza di millenni e millenni, quando la si nomina, generalmente non si pensa a un piatto appetitoso. Si associa per lo più alle diete ipocaloriche. O comunque resta un contorno. Ma a dare dignità d'alta cucina a lattughe, erbe, radicchi & Co. ci hanno pensato negli ultimi anni i grandi chef.
All'inizio controcorrente.
Andare in un ristorante di fine dining e chiedere un'insalata era quasi un affronto per il cuoco, come raccontava il sempre avanti Davide Scabin del Combal.Zero di Rivoli. Era il 2007 quando portò alla terza edizione del congresso Identità Golose la check salad, un'insalata personalizzataIl pubblico lo accolse freddamente perché - dice -  "dieci anni fa chiederla a un grande chef sfiorava l'insulto". In quell'occasione annunciò il suo mini auto-esilio dal palcoscenico: "Per me questo è il futuro. Ci rivediamo tra tre anni". Profezia avverata. 
Circa due-tre anni dopo le insalate erano (e restano) vessillo di molte cucine d'autore. In Italia le più famose e mediatiche sono quelle di Enrico Crippa e Stefano Baiocco, ma moltissime firme si sono cimentate nell'ode alle verdure crude, giocando con condimenti, stagioni e richiami ad altri piatti. Eccone alcuni esempi illustri. E dopo non potrete più chiamarla contorno.

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