Vediamo di essere un po’ lucidi. Il parlamento ha approvato una legge sulle unioni civili.Migliorabile, e solo un primo passo, ma ora le persone dello stesso sesso possono “unirsi”. E che sia un’accelerazione tardiva ma formidabile verso i pari diritti lo dimostra il fatto che nel parlarne in molti lo stanno già chiamando matrimonio, persino chi vi si oppone tuttora. Stiamo già
parlando di “sposarsi”, grazie anche alla fortunata impronunciabilità di “unirsi” o di altre formule, appunto: andremo a “matrimoni”, nostri amici si “sposeranno”, diremo “tuo marito”, da subito. Diventeranno uguali prima nei fatti, e poi nella legge. Nelle cose, insomma, siamo tutti già in un ordine di idee più avanzato della stessa legge.
Non tutti, ok. Ci sono gli sconfitti da questo sviluppo: molti di loro, come detto, si sono già adeguati, mugugnando o disciplinatamente, con rispetto. Pochi, invece, fanno la cosa che fanno spesso le minoranze sconfitte e non rassegnate: gridare, mettersi di traverso, buttarla in caciara. Sperare di guadagnare rumorosamente lo spazio che hanno perso democraticamente e nei fatti. È un loro diritto, e probabilmente lo è persino quello di chi pretende – avendone il ruolo – di non celebrare unioni civili. Marchini lo dice un po’ per scemenza un po’ per coprirsi con poteri che a Roma sono sempre rilevanti; altri più sconosciuti lo dicono per farsi notare o per meschinità, dalle loro amministrazioni comunali.
Lasciate fare. Non ci cascate. Sono risacche, colpetti di coda. Siamo un paese in cui per la prima volta sono consentite le unioni civili. That’s the thing. Il sindaco non vuole celebrare? Ok: e noi vorremmo che “il giorno più bello” sia celebrato da uno così? Con tutti i pensieri che già ci sono, le bomboniere, la lista, la pioggia? Va bene un altro, è come coi bambini che fanno i capricci: qualunque genitore lucido sa che vanno ignorati, qualunque genitore confuso ci litiga, e perde. Quando saranno grandi, capiranno: e saranno grandi, presto, e allora verranno ai matrimoni, quelli veri.
Saranno belle giornate, non roviniamocele da soli, ho diverse cravatte, se qualcuno mi invita.
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