Quando si parla di dolore fisico, sappiamo tutti ricondurlo a una precisa sensazione, vivida nella memoria. Ma come si rapportano agli stimoli dolorosi un cane, un gatto, un pesce rosso, un serpente?
DUE VIE. Quando si parla di dolore, ci si riferisce principalmente a due tipi di reazioni. La prima è la nocicezione: i nervi periferici entrano a contatto con lo stimolo doloroso, inviano segnali al midollo spinale i cui neuroni motori attivano i movimenti muscolari per sottrarsi allo stimolo. È una reazione immediata e istintiva, che garantisce la nostra sopravvivenza, ed è comune a quasi tutti gli animali.
CONSAPEVOLEZZA. La seconda reazione riguarda il riconoscimento cosciente di quel dolore. In questo caso, i neuroni sensoriali della pelle si connettono, attraverso il midollo spinale, al cervello. Qui milioni di neuroni in varie regioni creano una complessa sensazione che spesso è associata, nel caso dell'uomo, a panico, stress, ansia.
Da quello che riusciamo a capire osservandoli, molti animali vivono anche questa seconda reazione: quando avvertono dolore si leccano le ferite, guaiscono, si isolano; tendono a non ritornare nel luogo in cui hanno avuto quell'esperienza, quasi avessero una memoria del dolore. In laboratorio, ratti e polli si autosomministrano antidolorifici, se appositamente istruiti.
LA SENSIBILITÀ DEL POLPO. Con gli invertebrati, che conosciamo meno, capire se esista una coscienza del dolore è molto più difficile. In alcuni casi in cui il sistema nervoso è molto elementare - come per ostriche e meduse - si può ipotizzare di no; in altri, come per il polpo, la consapevolezza del dolore potrebbe essere persino più complessa che nei vertebrati. Questi animali, infatti, sanno ritrarre i tentacoli feriti, per preservarli, ma scelgono di utilizzarli lo stesso per procurarsi cibo: come se valutassero se servirsi o meno di un arto malconcio.
Sul tema del dolore animale abbiamo ancora molto da apprendere, anche per arrivare a una relazione uomo-animale che non procuri dolore gratuito.
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