Il concetto di terroir, ossia la capacità di un territorio (fisico e umano) di conferire le proprie caratteristiche per mezzo di odori e sapori, così importante per il vino, non è applicabile alla birra, o almeno in maniera non così diretta. La riproducibilità delle ricette
infatti permette di avere (quasi) lo stesso prodotto a diverse latitudini del globo, partendo da una stessa quantità e proporzione di ingredienti. La mano del mastro birrario risulta quindi spesso più decisiva degli ingredienti utilizzati sulla buona riuscita di una birra, ma vi sono comunque diversi fattori su cui la zona di produzione può andare a impattare più o meno direttamente.
Prima di tutto l’acqua, la cui composizione può incidere sia sulla fase di produzione che sul gusto del prodotto finale, tanto da rendere uniche alcune birre proprio perché prodotte con una particolare acqua. Tutto ciò grazie ai vari minerali presenti che hanno la capacità di esaltare o nascondere alcune caratteristiche gustative. Un esempio sono le pils ceche, che devono gran parte dalla loro specificità a un’acqua povera di elementi disciolti. Poi ci sono malto e luppolo, sui quali terreno e clima non hanno la stessa fondamentale influenza che esercitano sull’uva. Ciò nonostante, il rapporto tra territorio e luppolo è ancora un mondo tutto da scoprire, come dimostra il progetto dell’Università di Parma che insieme a Italian Hops Company ha isolato e recuperato alcune varietà di luppolo autoctono da ceppi selvatici della zona di Marano sul Panaro. Alla base di acqua, lievito, malto e luppolo però sono spesso aggiunti gli ingredienti più disparati: spezie, frutta, fiori fino ad arrivare direttamente all’aggiunta di uva come nelle Italian Grape Ale.
Ecco allora che spesso i mastri birrai di tutta Italia si sbizzarrisconoaggiungendo alle loro ricette prodotti tipici del territorio, arrivando a creazioni uniche:
É bom uma cerveja!
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