«Quando il paziente si sente portato a 3-4.000 metri o anche di più, e improvvisamente la macchina fa una picchiata o un giro della morte, chi soffre di isteria è probabile che dimentichi gli altri suoi problemi.» Descriveva così in
un’intervista a un giornale, nel 1921, la “cura dell’aereo”, uno dei suoi inventori, il medico americano Charles McEnerney.
Sembra impossibile da credere oggi, ma all’inizio dell’era dell’aviazione le macchine volanti erano sfruttate anche per un loro presunto potere terapeutico. Come racconta un articolo del magazine Smithsonian, per un paio di decenni, tra gli anni Venti e Trenta del Novecento, in America e in Gran Bretagna si diffuse la moda dei voli curativi per disturbi fisici e psicologici, in particolare per il mutismo e la sordità.
TRENO O AEREO, PURCHÉ SPAVENTI. Uno dei primi pazienti di McEnerney fu un reduce della Prima guerra mondiale, tornato a casa privo della parola. Dopo aver consultato vari medici per tentare di risolvere il problema si rivolse a McEnerney, che valutò si trattasse di un trauma psicologico e come cura prescrisse un volo in aereo. «Ma solo perché è il mezzo più conveniente a disposizione», disse in seguito a un giornalista: «lo stesso effetto si potrebbe ottenere legando il paziente sui binari della ferrovia.»
TARIFFA PER CURE IN ARIA. Per quanto assurda, la moda prese piede, e la cura in aria cominciò a essere consigliata anche per altri disturbi. “I voli dei sordi”, come venivano chiamati, negli anni Venti diventarono una moda di cui parlavano i giornali, le riviste specializzate sull'aviazione e anche quelle che si rivolgevano a particolari categorie di pazienti, per esempio i genitori di bambini sordi. La novità dell’esperienza, oltre allo shock e allo spavento per le evoluzioni che il pilota eseguiva, erano parte integrante della cura.
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