La vergogna è un sentimento decisamente “fuori moda”: la accettiamo nei bambini, fino a che sono piccoli, poi la contrastiamo come segno di debolezza tanto da farci sentire in imbarazzo nel provarla. Vergognarsi appare sempre più un retaggio di epoche storiche lontane, intrise di tabù e
limiti autoimposti che noi contemporanei dovremmo aver superato. Se la vergogna porta a chiudersi, il diktat imperante oggi va nella direzione opposta: mostrarsi, imporsi, fino ai limiti grotteschi dell'autocelebrazione e dell'ostentazione di Sé. Il fenomeno universale del "selfie" lo chiarisce perfettamente: in un certo senso si tratta del gesto più lontano dalla vergogna che si possa immaginare.Non la puoi eliminare e se la combatti la rafforzi
Naturalmente, non è possibile eliminare un'emozione e la vergogna è appunto un'emozione, una di quelle fondamentali assieme alla rabbia, alla gioia, alla paura. Piaccia o meno, tutti la proviamo e anzi, per paradosso, quanto più la contrastiamo, tanto più s'ingrandisce al nostro interno. Proprio per questo combatterla o far finta che non esista è un grande errore: bisogna accoglierla quando compare e "ascoltare" i suoi messaggi più autentici.
Perché nascondiamo la vergogna
Il problema è che in superficie, la vergogna appare intrisa di forti connotazioni morali, sembra quindi legata a doppio filo con il tema del senso di colpa: quando si sbaglia qualcosa e ci si sente responsabili, spesso ci si vergogna anche di se stessi e di ciò che si è fatto. Se ci si ferma a questo aspetto, è facile capire come la vergogna non sia un sentimento facile da condividere: non a caso, emozioni socialmente più accettabili come la gioia, la tristezza e la paura, vengono espresse più frequentemente. Per cercare di "emancipare" questa emozione, facendola uscire dal nascondiglio in cui tutti cercano di relegarla, dobbiamo quindi andare oltre gli aspetti superficiali e porci un'altra domanda: che funzione esprime la vergogna a livello profondo?
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Vergogna: ecco dove "risiede" nel cervello
Per imparare a conoscerla davvero, possiamo cominciare col chiederci dove "risieda", cioè se sia possibile identificare un'area del cervello dove questo sentimento si manifesta primariamente. Questa "casa" della vergogna esiste: dagli studi del neuroscienziato portoghese Antonio Damasio, effettuati qualche anno fa, emerge che i circuiti neuronali che si attivano nel provare vergogna si trovano in una zona ben precisa, la corteccia prefrontale ventromediale: i pazienti che hanno una lesione cerebrale localizzata proprio in questa struttura sanno risolvere logicamente dilemmi anche morali, ma non sono in grado di utilizzare strumenti emotivi e di gestire le emozioni sociali, prima fra tutte la vergogna.
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