Nessuno è profeta in patria e la storia di Vincenzo Tiberio (1869-1915) lo conferma. 35 anni prima di Alexander Fleming, lo studioso italiano pubblicò osservazioni molto precise sul potere battericida delle muffe sulla rivista
italiana Annali di Igiene Sperimentale (1895). Come mai allora il nostro connazionale fu ignorato, mentre Fleming per la medesima scoperta venne insignito addirittura del Nobel per la medicina?
PROVINCIALISMO. Figlio di buona famiglia Vicenzo Tiberio frequentava la facoltà di Medicina di Napoli quando, ospite a casa degli zii ad Arzano (Napoli), notò che il pozzo usato per le necessità domestiche incideva sulla salute di tutti: ogni volta che veniva ripulito dalle muffe, gli inquilini avevano infezioni intestinali che cessavano solo quando le muffe ricomparivano.
Il ragazzo iniziò a raschiare le muffe con una spatolina. Non solo: le portò in laboratorio per analizzarle e le catalogò una a una. Farlo non fu difficile: in quegli anni frequentava l’istituto di Igiene di Napoli.
Tiberio non si limitò a osservare il fenomeno, ma si dedicò anche alla sperimentazione: dopo aver ottenuto i primi risultati in laboratorio, individuò un terreno di coltura adatto ed estrasse un siero concentrato di quello che può essere considerato un antesignano degli antibiotici. Lo iniettò in alcune cavie precedentemente infettate e attese. I topi di laboratorio guarirono. A questo punto mancava solo la sperimentazione sull’uomo e la messa in produzione dell’antibiotico.
PUBBLICAZIONE SCIENTIFICA. Le sue ricerche in facoltà suscitarono poco interesse e soltanto nel 1895, dopo la laurea, pubblicò la sua ricerca "Sugli estratti di alcune muffe" negli Annali di Igiene sperimentale, una delle più importanti riviste scientifiche italiane dell’epoca.
Scriveva Tiberio: «Ho voluto osservare quale azione hanno sugli schizomiceti [batteri, ndr] i prodotti cellulari, solubili in acqua, di alcuni ifomiceti [un tipo di funghi, ndr] comunissimi: Penicillium glaucum, Mucor mucedo ed Aspergillus flavescens. […] Per le loro proprietà le muffe sarebbero di forte ostacolo alla vita e alla propagazione dei batteri patogeni».
Purtroppo però il nostro Paese, da poco diventato nazione, era alla periferia del mondo scientifico del tempo. Gli Annali di Igiene Sperimentale erano una rivista di nicchia nel panorama internazionale e la comunità scientifica italiana si dimostrò assai poco lungimirante: le conclusioni di Tiberio furono derubricate a semplici coincidenze e il fascicolo archiviato in uno scaffale dell’Istituto di igiene dove rimase per 60 anni, riscoperto solo 40 anni dopo la morte.
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