lunedì 2 marzo 2020

Perché l'OMS non dichiara la pandemia?

Se da un lato l'OMS mette in guardia sul fatto che l'epidemia di CoViD-19 potrebbe trasformarsi in pandemia, dall'altro i Centri per la prevenzione e il
controllo delle malattie statunitensi (CDC), sostengono che il nuovo coronavirus soddisfa già due dei tre criteri utilizzati per definire una pandemia: 1) si è diffuso tra persone, 2) ha provocato morti. Sul terzo criterio, ovvero che il virus si diffonda a livello globale, si potrebbe dibattere, ma con - al momento in cui scriviamo - 50 nazioni colpite in tutti i continenti (eccetto l'Antartide), siamo sicuri non si possa ancora parlare di diffusione globale?
TRE TIMORI. Secondo i rappresentanti dell'OMS, il virus «non si è ancora diffuso in modo così incontenibile da raggiungere la soglia della pandemia, e non ha ancora causato malattie gravi e decessi su larga scala». È però possibile che dietro all'esitazione dell'OMS ci siano almeno altri tre motivi: innanzi tutto il desiderio di evitare che gli Stati seguano il protocollo previsto in caso di pandemia, che potrebbe non essere adatto a questa specifica situazione; in secondo luogo il timore di diffondere panico tra le popolazioni; terzo, il tentativo di non ricadere nell'errore per il quale venne aspramente criticata nel 2009, quando dichiarò la pandemia di influenza A/H1N1, provvedimento da molti ritenuto non necessario.
CONTENERE O MITIGARE. Esistono due modi per rispondere a una minaccia di pandemia: adottare misure di contenimento, isolando gli infetti a mano a mano che vengono individuati e mettendo in quarantena chi ha avuto contatti con loro (come si fece con la SARS e con l'epidemia di Ebola del 2014-2016); oppure mitigare la diffusione attraverso la chiusura di scuole, fiere eccetera (come sta accadendo in alcune regioni d'Italia).
L'IMPORTANZA DI POTER SCEGLIERE. I piani nazionali contro una pandemia, pensati principalmente per rispondere a pandemie influenzali, prevedono il ricorso diretto a misure di mitigazione, non di contenimento. Ed è proprio questo che l'OMS teme, perché, al contrario, per gli esperti dell'Organizzazione mondiale della Sanità adesso è il momento di concentrarsi su misure di contenimento

Soprattutto, è necessario, come ha fatto la Cina, adottare misure diverse in base alla situazione: nella provincia di Hubei, culla del virus, è stato utilizzato un metodo di mitigazione totale, isolando la città di Wuhan; nelle altre province della Cina si è cercato di contenere il virus, isolando i casi e tracciando i contagi, e in alcuni luoghi sospendendo convegni e chiudendo scuole. Insomma, la parola chiave sarebbe personalizzare l'approccio, adattandosi alle circostanze locali. Cosa che i protocolli anti-pandemia influenzale non prevedono.
OPINIONI. Curiosamente (e sorprendentemente) un altro fattore rende la dichiarazione di pandemia ancora non "obbligatoria": il fatto che non esista una definizione univoca di pandemia. L'OMS, ad esempio, definisce una pandemia come la "diffusione a livello globale di una nuova malattia": una spiegazione forse volutamente vaga, che permetterebbe all'organizzazione di gestire le diverse situazioni nel modo più opportuno. Tuttavia questo crea confusione, soprattutto perché - nella circostanza attuale - molti esperti hanno iniziato a riferirsi alla CoViD-19 chiamandola "pandemia". Secondo Lauren Sauer, direttrice delle operazioni al John Hopkins Office of Critical Event Preparedness and Response (CEPAR), saremmo già nel mezzo di una pandemia: «Utilizzando questo termine riconosciamo che la diffusione della malattia non si può più impedire», spiega, «non serve più cercare di contenerla: ora è il momento di adottare strategie di mitigazione».

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